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Panorami liguri, dall'Appennino al mare (parte terza).

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Il crinale tra il Passo di Garlenda e il Rifugio Sanremo: in fondo a sinistra il Saccarello, a destra la Cima Bertrand - 22 aprile 2009

Ecco come si presenta la Torbiera del Laione nel Parco del Beigua: un vero e proprio lago. Merito dello scioglimento della neve che in questo inverno è stata eccezionalmente abbondante - 2 maggio 2009

Salendo sull'Armetta dal Colle di Caprauna: panorama verso il gruppo del Saccarello e verso il Pizzo d'Ormea - 9 maggio 2009

Salendo sull'Armetta dal Colle di Caprauna: panorama verso il gruppo del Saccarello e verso il Pizzo d'Ormea - 9 maggio 2009

La vetta del Monte Armetta e, sullo sfondo, il Pizzo d'Ormea - 9 maggio 2009

In vetta all'Antoroto. Panorama verso il Pizzo d'Ormea e il Mongioie - 20 maggio 2009

La Conca di Piaggia Bella e il rifugio Saracco Volante dove passano gli itinerari per la Cima delle Saline, Cima Pian Ballaur e il Marguareis - 2 giugno 2009

Panorama verso la Val Pesio e le Alpi Marittime salendo verso la Cima Nord di Serpentera dal rifugio Garelli - 7 giugno 2009

Panorama dalla Cima delle Saline: la Val Ellero, la Cima Cars a sinistra e, piccolissimo, il rifugio Mondovì - 13 giugno 2009

Panorama dalla Cima Pian Ballaur - 13 giugno 2009

Dal Pizzo d'Ormea: l'intaglio della Colla del Pizzo incorniciato dai rododendri - 19 giugno 2009

In Val d'Aveto: il Prato della Cipolla, il Monte Bue e il Maggiorasca - 25 giugno 2009

Salendo alla Rocca dell'Abisso: il forte Giaura e sullo sfondo il Marguareis - 28 giugno 2009

Dalla vetta della Rocca dell'Abisso: i laghi di Peirafica nel versante francese sono ancora ghiacciati - 28 giugno 2009

Il forte Centrale sopra Col di Tenda - 28 giugno 2009

fonte: Escursioni in Liguria


I 10 post più letti nel mese di Maggio 2013.

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1.- Lago di Como, passeggiando o facendo un giro in battello è possibile godere di fantastici scorci e panorami.

lago di Como

Il lago di Como ha una superficie di 146 km quadrati e raggiunge 414 metri di profondità. E' il terzo lago italiano per estensione dopo quello di Garda e il Verbano. E' un lago stretto e lungo, dalla forma di Y rovesciata, con i due rami che vanno a sud verso Lecco e a sud-ovest verso Como.Nei Promessi Sposi il lago di Como viene decantato dal Manzoni con questi celebri versi: "Quel ramo del lago di Como che volge a mezzogiorno....".
Il bacino è composto da tre parti differenti: a sud-ovest il ramo di Como, a sud-est il ramo di Lecco e a nord il ramo di Colico (o "alto lago"), il più aperto dei tre. I fiordi meridionali rinserrano il montagnoso Triangolo Lariano. La divisione dei tre rami è ben visibile dal Sasso di San Martino, sopra Griante. Particolarmente tipica è la costa orientale del ramo comasco, impervia e ricoperta di boschi.

 

2.- Portofino è da sempre soprannominata la "Piazzetta" più bella del mondo.

Portofino è senza dubbio uno dei borghi marinari più belli e famosi del mondo. Negli anni 60' e 70', star come Ava Gardner, Frank Sinatra, Brigitte Bardot e Lauren Bacall, Humphrey Bogart, Elizabeth Taylor e Richard Burton, Clark Gable, Catherine Deneuve, Liza Minelli e Rex Harrison, frequentavano l'Italia per appassionanti incontri mondani pieni di suggestione.
I giornali di quell'epoca che si occupavano di mondanità, facevano a gara per raccontare nel mondo queste storie piene di fascino e di mistero che hanno reso celebre l'Italia, come simbolo della "Dolce Vita" Internazionale quando si animava in Via Veneto e Piazza di Spagna a Roma. Oggi è ancora luogo d’incontro del jet-set e turismo internazionale.

 

3.- Bioparco di Roma, nel cuore di Villa Borghese, la natura vista da vicino.

Situato nel cuore di Villa Borghese, al centro di Roma, il Bioparco nasce nel 1911 ed è uno dei più antichi Giardini Zoologici d'Europa. Oggi ospita oltre 1.000 animali appartenenti a 200 specie tra mammiferi, rettili, uccelli e anfibi ed è inserito in un contesto botanico tra i più interessanti e suggestivi di Roma con più di 1.000 alberi, alcuni dei quali rari e centenari.
Qual è il ruolo di uno zoo? Negli ultimi decenni l'antico concetto di zoo è cambiato radicalmente, passando da un luogo in cui si collezionavano animali rari ad una struttura attiva:
- nella conservazione delle specie minacciate di estinzione attraverso la partecipazione ai programmi internazionali di riproduzione in cattività;
- nell'educazione ambientale attraverso mostre, convegni, attività di sensibilizzazione per il pubblico, eventi mediatici e progetti didattici per le scuole.

 

4.- Puglia: antichi trulli e masserie per un nuovo turismo.

Sono tra le strutture tradizionali più belle della regione, Oggi, in molti casi, trasformate in alberghi e residenze raffinate.
Ai contadini di una volta sarebbe sembrato impensabile che le masserie, che per loro significavano sacrifici e fatica, fossero trasformate in alberghi. La Puglia contadina s'è reinventata nel giro di pochi decenni. E se un tempo lo scenario si presentava come un'immutabile campagna color grano con costruzioni abbandonate, ora è tutto un fiorire di hotel. Una rinascita intelligente.
La regione, in molti casi, è riuscita a frenare la costruzione di nuove e ingombarnti strutture ricettive e ha favorito la rinascita di ciò che già esisteva.
Nel caso dei Trulli di Alberobello, come spesso succede, a capirne la bellezza sono stati per primi gli stranieri. A settembre i Trulli, Patrimonio Unesco dal 1996, hanno festeggiato i cento anni come Monumento nazionale. Dei vecchi rifugi per pastori e contadini è rimasto poco: ora le costruzioni coniche di origine antica, sono simbolo di un turismo colto e raffinato. D'estate sono una residenza ideale perché non distano molto dal mare e perché restano freschi per i materiali usati.

 

5.- Il lago d'Orta o Cusio è un lago alpino del Piemonte collocato tra le province di Novara e del Verbano-Cusio-Ossola.

Il Lago d'Orta, che si trova ad ovest del Lago Maggiore, lascia il turista con una sensazione unica ed indimenticabile grazie ai suoi panorami mozzafiato, le sue vie strette e ciotolate e la sua vegetazione.
Ad est il monte Mottarone separa il lago d'Orta dal Lago Maggiore, mentre a ovest monti alti fino a 1300 metri separano lo specchio acqueo dalla Valsesia. È il più occidentale fra i laghi prealpini, originato dal fronte meridionale del ghiacciaio del Sempione.Contrariamente a quanto accade con molti laghi alpini, che hanno un emissario a sud, le acque del lago d'Orta escono dal lago a nord. Attraversano la città di Omegna dando vita al torrente Nigoglia che confluisce nello Strona che, a sua volta, sfocia nel Toce e quindi nel Lago Maggiore.

 

6.- Panorami liguri, dall'Appennino al mare (parte terza).

Il crinale tra il Passo di Garlenda e il Rifugio Sanremo: in fondo a sinistra il Saccarello, a destra la Cima Bertrand

 

7.- Il parco faunistico Le Cornelle ospita centinaia di animali rari e particolari.

Il parco faunistico Le Cornelle è un parco faunistico istituito a Valbrembo il 19 aprile 1981, ad opera di Fiducio Benedetti. Scopo del parco è quello di conservare la fauna selvatica in stato di cattività, secondo il progetto EEP (European Endangered Species Programme), al quale il parco ha aderito sin dalla fondazione.
Gli animali vivono in recinti che ricostruiscono l'ambiente di provenienza, e si riproducono: i cuccioli vengono reintrodotti negli originali luoghi di provenienza, secondo le direttive del progetto. Un rapporto quasi sacro, che dura da millenni. Un rapporto fatto di delicati equilibri, bisognoso di un rispetto necessario per il mantenimento e l’incolumità di qualsiasi specie, umana ed animale. In questa ottica il parco faunistico "Le Cornelle" esce dal solito concetto di semplice "zoo", per contribuire concretamente alla protezione e alla salvaguardia delle specie animali.
Specie minacciate dal rischio di estinzione e specie meno rare, ma altrettanto importanti. La presenza di oltre cento specie di animali ospitati al parco non vuole essere una semplice ed esclusiva attrattiva, ma un preciso stimolo alla conoscenza dei problemi che riguardano il mondo animale e quindi, più in generale, la natura.

 

8.- Gli Itinerari nel Parco della Lessinia: percorsi di tipo naturalistico - ambientale, strutture museali e importanti siti archeologici.

lessinia parco fioreIl Parco Naturale della Lessinia occupa la parte sommitale dei Monti Lessini. Ha nelle particolarità geologiche e nei paesaggi che da esse conseguono la sua più forte connotazione: doline, grotte, ponti naturali, sono fenomeni di grande interesse scientifico che offrono al visitatore incantevoli visioni. Famosi sono i giacimenti fossiliferi di Bolca - Pesciara e Monte Postale, che hanno fornito reperti di specie vegetali ed animali degli ambienti lagunari e oceanici, oggi apprezzabili nel locale Museo dei Fossili. Di notevole interesse sono anche gli aspetti vegetazionali e faunistici visitabili nei Musei della Lessinia e nel Centro di educazione Ambientale di Malga Derocon. Gli elementi che rendono questa zona particolarmente interessante sono molti e vanno dalla posizione geografica, che copre un territorio vasto e di facile accessibilità grazie alle diverse direttrici che si diramano da Verona, alla diversificazione dell'offerta: percorsi di tipo naturalistico - ambientale, strutture museali e importanti siti archeologici, località attrezzate per gli sport estivi ed invernali, centri famosi e peculiari per la tipicità dei prodotti enogastronomici, fra cui i vini delle D.o.c. Valpolicella, Soave, Lessini Dur.

 

9.- Escursionismo in Liguria: il Mongioie e il Bric di Conoia.

conoia92_mulino_viozeneDalla chiesa di Viozene (1245) si seguono i segni bianco-rossi della G.t.a. che portano in breve al soprastante Pian Rosso (1550) nelle vicinanze del Rifugio Mongioie (1555). Si trascura la deviazione a sinistra per il rifugio (palina segnaletica) e si prosegue dritti lungo una traccia che risale alcune fasce erbose e che sbuca, poco sopra, sulla mulattiera proveniente dal rifugio.
Dopodichè il sentiero guadagna rapidamente quota con numerosissimi tornanti per entrare poi nel vallone al Pian dell’Olio (2090). Con un bel percorso tra affioramenti rocciosi e chine erbose si perviene al Bocchino dell'Aseo (2292). All'Aseo si svolta a sinistra e si rimonta il versante orientale del Mongioie fino a raggiungere l’aerea cresta e la croce di vetta (2630).
In discesa si segue il sentiero che, dalla cima del Mongioie, scende in direzione sud-ovest tagliando a mezzacosta i pendii erbosi della Cima delle Colme e arriva al Bocchino delle Scaglie (2325). Si piega quindi a sud e si discende il ripido canalone detritico della Gola delle Scaglie che sfocia sui pascoli sopra il Pian Rosso ed il Rifugio Mongioie. Al rifugio si seguono le indicazioni per Viozene ed in pochi minuti ci si ricollega con l’itinerario di salita.

 

10.- Escursioni in montagna: attenzione, (in) pericolo vipere.

Durante le escursioni in montagna può capitare di imbattersi in serpenti. In Italia vivono rappresentanti di due famiglie: i colubridi e i viperidi.
I primi sono totalmente innocui, i secondi, rappresentati da quattro specie - Vipera aspis, V. ursinii, V. berus, V. ammodite - sono invece velenosi.
L'immaginario collettivo ha probabilmente ingigantito i rischi derivanti dalla vipera italiana, che raramente è mortale: la possibilità di essere morsi è infatti piuttosto remota, soprattutto se si adottano norme di cautela come indossare scarponcini alti e calzettoni, fare attenzione quando si raccolgono funghi o erbe, usare un bastone per allontanare rami e foglie.

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10 itinerari nel parco dell’Adamello.

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Valle_Camonica_Lago_Aviolo_Foto_Parco_AdamelloIl Parco Adamello, situato nel cuore delle Alpi Retiche, si estende per 510 Kmq sul versante sinistro orografico della Valle Camonica, nella porzione nord-orientale della Provincia di Brescia.

Sui numerosi sentieri attrezzati che attraversano il Parco (tra cui il ben noto Sentiero n° 1) il paesaggio altoalpino si mostra in tutta la sua spettacolarità.

Numerosi e altrettanto suggestivi sono pure gli itinerari per escursioni meno impegnative a piedi, cavallo o mountain-bike, all'interno delle più belle vallate dell'area protetta. L'ambiente naturale del Parco Adamello si distingue per l'eccezionale ricchezza floristica e vegetazionale, con una sensibile presenza di specie rare ed endemiche oltre che per la fauna, tipicamente alpina (caprioli, cervi, camosci, stambecchi, ecc).

A differenza degli altri complessi montuosi di origine sedimentaria appartenenti alle Alpi Meridionali, le rocce costitutive del Gruppo dell'Adamello hanno origine magmatica, intrusiva. Il processo di raffreddamento dei "plutoni" provenienti dal centro della Terra e penetrati nelle fratture di rocce preesistenti ha preso inizio circa 42 milioni di anni fa, a partire dalla zona del Monte Re di Castello ed è terminata, estendendosi verso nord (Monte Presanella), circa 29 milioni di anni fa.

I tipi principali di rocce magmatiche presenti nel massiccio adamellino sono i seguenti:

  • quarzodioriti (Monte Adamello, Monte Avio)
  • tonaliti a grana grossa (Corno Baitone, Val Miller, Val Salarno, Valle Adamé)
  • granodioriti (Monte Re di Castello, Cima Laione, Cima Terre Fredde, Alta Valle di Stabio).

Queste ultime formano il nucleo del Gruppo (M. Adamello, M. Fumo, Valli d'Avio e Paghéra).

Tonaliti a grana grossa costituiscono il Corno Baitone, le Valli Miller, di Salarno e Adamé; mentre di quelle a grana minuta sono il Re di Castello, M. Listino, la Val di Stabio ecc.

adamello parco mappa-pianoTra i minerali fondamentali delle rocce dell'Adamello si trovano il quarzo, il feldspato, l'orneblenda, il plagioclasio. Il magma incandescente, sgorgato dal profondo, ha metamorfosato "per contatto" le preesistenti rocce di origine sedimentaria, derivanti da antiche barriere coralline, di cui oggi rimangono significativi resti solamente nella porzione meridionale del Parco, in particolare in Val fredda e Val di Cadino. Calcari e dolomie sono stati trasformati in marmi saccaroidi e calcefiri (Corna Bianca), mentre nella parte più settentrionale del Parco le arenarie sono state metamorfosate in granati (Corno delle Granate). La natura cristallina ed impermeabile delle rocce del Gruppo dell'Adamello, agendo in modo sinergico con la presenza del ghiacciaio, determina una significativa abbondanza di sorgenti e corsi d'acqua, che un tempo davano origine a torrenti di grande portata e cascate suggestive e spettacolari.

I calcari puri si sono trasformati in marmi, i materiali argillosi in rocce microcristalline con frattura scheggiosa (usate tradizionalmente come piòde per coprire gli edifici rurali in Valle Camonica) o in formazioni cristalline che contengono minerali accessori come miche e granati.

Le forme attuali delle montagne sono in gran parte modellate dalla plurimillenaria azione dei ghiacciai e dai successivi fenomeni di erosione prodotti dagli agenti atmosferici.

Nella prima metà del Novecento ha preso avvio un'azione di sbarramento e captazione di numerosi corpi idrici del Parco, in particolare nelle conche del Lago d'Arno e del Lago Baitone, in Val Salarno e Val d'Avio, opere facenti capo a due imponenti impianti idroelettrici, quelli di S. Fiorano e di Edolo.

1. - SULLE CRESTE DEL TONALE

Tra i due grandi parchi dell'Adamello e dello Stelvio


Tempo di percorrenza

Percorso ad anello: ore 4.50. Utilizzando la seggiovia in salita e in discesa si risparmiano circa 50 minuti di cammino.

Dislivello totale in salita

910 m (Quota minima: 1863 m, nei pressi del Parco del Tonale - Quota massima: 2694 m, Monte Tonale Occidentale).

Segnaletica

Segnavia CAI n. 63, sentiero non segnato e tracce.

Interessi prevalenti

Paesaggistico, storico, floristico, vegetazionale, geologico, faunistico.

Difficoltà

Escursione senza particolari difficoltà. Richiede tuttavia un discreto allenamento e un po' di attenzione in alcuni tratti esposti in cresta.

Periodo consigliato

Da luglio a settembre.

Come arrivare alla partenza

Il Passo del Tonale si raggiunge in auto, o con mezzi pubblici, risalendo la strada statale n. 42, sia dalla Valcamonica (versante lombardo) sia dalla Val di Sole e Val Vermiglio (versante trentino). L'itinerario inizia circa 500 m a ovest del valico, al bivio fra la statale e la strada che porta alla funivia per il Passo Paradiso. Chi volesse salire con la Seggiovia Nigritella fin nei pressi della Vallazza deve raggiungere l'impianto al primo tornante stradale sotto il passo, nel versante lombardo.

2. - LE TORBIERE DEL PASSO DEL TONALE.

Un giardino botanico naturale


Tempo di percorrenza

Percorso ad anello: ore: 1.30

Dislivello totale in salita

20 m (Quota minima: 1863 m, bivio con la strada che porta alla funivia per Passo Paradiso-Quota massima: 1883m, Passo del Tonale).

Segnaletica

Assente

Interessi prevalenti

Ambientale, vegetazionale,floristico, geomorfologico, storico.

Difficoltà

Escursione facile. Poiché il percorso si svolge in buona parte su suoli torbosi intrisi d'acqua, sono consigliabili calzature impermeabili o stivali.

Periodo consigliato

Da giugno a settembre.

Come arrivare alla partenza

Il Passo del Tonale si raggiunge in auto, o con mezzi pubblici, risalendo la strada statale n.42, sia dalla Valcamonica (versante lombardo) sia dalla Val di Sole e Val Vermiglio (versante trentino). L'itinerario inizia nei pressi del monumento-ossario ai caduti della prima guerra mondiale.

3.- DAL TONALE A PONTE DI LEGNO

Sulle tracce dell'antica strada
Tempo di percorrenza
Solo andata: ore 2.15.
Dislivello totale in salita
650m. (Quota massima:1863 m, nei pressi del Passo del Tonale-Quota minima: 1257 m, Ponte di Legno).
Segnaletica
Sentieri e mulattiere non segnati, segnavia CAI n.51 e segni rossi a vernice.
Interessi prevalenti
Paesaggistico, antropico, vegetazionale, floristico.
Difficoltà
Escursione facile. occorre un po' di attenzione per evitare di deviare dal percorso consigliato.
Periodo consigliato
Da giugno a ottobre.
Come arrivare alla partenza
Il Passo del Tonale si raggiunge in auto, o con mezzi pubblici, risalendo la strada statale n.42, sia dalla Valcamonica (versante lombardo) sia dalla Val di Sole e dalla Val Vermiglio (versante trentino). L'itinerario inizia circa 500 m. a ovest del valico, al bivio tra la statale e la strada che porta alla funivia per il Passo Paradiso.

4. - IL "SENTIERO DEI FIORI"

Un ardito sentiero di guerra tra rocce e fiori da percorrere solo se esperti alpinisti o accompagnati da guide alpine
Tempo di percorrenza
Percorso ad anello: ore 4. Percorrendo a piedi il tratto tra il Passo Paradiso e la Capanna Presena vanno aggiunti altri 30 minuti. La presenza di neve o ghiaccio sul Sentiero dei Fiori può aumentare notevolmente i tempi di percorrenza.
Dislivello totale in salita
450 m (Quota minima:2740 m, Capanna Presena - Quota massima: 3166 m, Corno di Lago Scuro).
Segnaletica
Percorso non segnalato e segnavia CAI n. 44.
Interessi prevalenti
Paesaggistico, storico, floristico, geomorfologico.
Difficoltà
Via ferrata di notevole esposizione che richiede pratica e attrezzatura alpinistica (picozza, ramponi, corda ecc.). All'inizio dell'estate la presenza di ghiaccio e neve può rendere il percorso difficoltoso.
Periodo consigliato
Da luglio a settembre.
Come arrivare alla partenza
In auto o con mezzi pubblici si raggiunge il Passo del Tonale risalendo la strada statale n. 42 dalla Valcamonica o dalla Val di Sole. Circa 500 m prima del valico, sul lato bresciano, si imbocca la strada che porta al piazzale antistante la stazione della funivia. Qui si parcheggia e si sale al Passo Paradiso (2573 m) dove si prosegue in seggiovia fino alla Capanna Presena (2740 m) nei pressi della fronte del Ghiacciaio di Presena.

5. - LA VAL SERIA E LA VAL DI CASOLA

La varietà della natura nel nord dell'Adamello
Tempo di percorrenza
Percorso ad anello: ore 4.30. Salendo in seggiovia fino al Rifugio Petitpierre il tempo di percorrenza diminuisce di circa un'ora.
Dislivello totale in salita
900 m (Quota minima: 1507 m, Valbione - Quota massima: 2397 m, Bocchetta di Casola). Utilizzando la seggiovia per salire da Valbione all'ex Forte del Corno d'Aola il dislivello si riduce a 490 m.
Segnaletica
Segnavia CAI n. 47, 40, 41.
Interessi prevalenti
Paesaggistico, geologico, floristico, vegetazionale, storico.
Difficoltà
Escursione facile.
Periodo consigliato
Da giugno a ottobre.
Come arrivare alla partenza
A Ponte di Legno, in alta Valcamonica, si raggiunge la stazione inferiore della seggiovia, al margine meridionale del paese. Con l'impianto a fune si sale quindi al margine meridionale del paese. Con l'impianto a fune si sale quindi al pianoro di Valbione (all'imbocco della Val Seria) dove inizia l'escursione a piedi. Questa località è raggiungibile anche in auto da Ponte di Legno proseguendo lungo la strada sterrata dopo la stazione della seggiovia. Va tuttavia ricordato che durante l'estate il transito veicolare sulla strada per Valbione è consentito solo a orari fissi. Qualora si desiderasse percorrere a piedi anche questo tratto è necessario prevedere tre quarti d'ora circa per la salita e mezz'ora per la discesa.

6.- NELLA VALLE DELL'AVIO.

Verso l'alta montagna al cospetto dell'Adamello
Tempo di percorrenza
Percorso in parte ad anello: ore 6.50 (compreso il ritorno).
Dislivello totale in salita
1070 m. (Quota minima: 1584 m, Malga Caldea-Quota massima : 2650 m, Bocchetta del Pantano).
Segnaletica
Segnavia CAI n. 11, 1, 12.
Interessi prevalenti
Geomorfologico, glaciologico, vegetazionale, tecnologico, storico.
Difficoltà
Escursione priva di particolari difficoltà che richiede, però, un buon allenamento per la sua lunghezza e per il notevole dislivello.
Periodo consigliato
da luglio a settembre.
Come arrivare alla partenza
A Temù, in alta Valcamonica, si seguono le indicazioni per il Rifugio Garibaldi (segnavia n.11) imboccando la strada che scende verso il fondovalle. Dopo aver attraversato il ponte sull'Oglio la si segue verso destra per alcune centinaia di metri fin nei pressi del Ponte della Valle (1120 m.) dove, prima di attraversare il torrente Avio, si devia a sinistra imboccando la strada che sale parallela al corso d'acqua. Raggiunto un bivio si lascia a destra il ramo che porta alla teleferica di servizio Enel e si prosegue a sinistra lungo la carrareccia in salita. Dopo circa 5 km da Temù si oltrepassa Malga Caldea (1584 m) e poco più avanti si parcheggia. Da qui si prosegue a piedi lungo la strada (chiusa con una sbarra) riservata ai mezzi di servizio ai sovrastanti impianti idroelettrici

7.- SULL'ADAMELLO.

Un grandioso ambiente polare nel sud dell'Europa
Tempo di percorrenza
Salita: ore 5.00. Discesa: ore 3.30.
Dislivello totale in salita
1100 m (Quota minima: 2548 m, Rifugio Garibaldi-Quota massima: 3539 m, Monte Adamello).
Segnaletica
Segnavia CAI n. 11 fino al Passo Brizio. Sul ghiacciaio è solitamente presente una pista dovuta al calpestio.
Interessi prevalenti
Paesaggistico, glaciologico, geomorfologico, storico.
Difficoltà
Itinerario impegnativo. Si svolge in buona parte su ghiacciaio e, per un breve tratto, su via ferrata in roccia, notevolmente esposta. Richiede attrezzatura adeguata e pratica alpinistica.
Periodo consigliato
Da luglio a settembre.
Come arrivare alla partenza
L'itinerario ha come base di partenza il Rifugio Garibaldi (2548 m.), raggiungibile a piedi da Malga Caldea con l'itinerario n.6.

8.- SULLA PUNTA DEL VENEROCOLO.

Uno straordinario balcone sui ghiacciai
Tempo di percorrenza
Salita: ore 2.40. Discesa: ore 1.50.
Dislivello totale in salita
775 m (Quota minima: 2548 m, Rifugio Garibaldi-Quota massima: 3323 m, Punta del Venerocolo).
Segnaletica
Segnavia CAI n.42 fino al Passo del Venerocolo. Il tratto successivo, fino alla Punta del Venerocolo, è privo di segnavia.
Interessi prevalenti
Paesaggistico, geomorfologico, glaciologico.
Difficoltà
Escursione d'alta montagna priva di particolari difficoltà. In alcuni tratti la salita è un po' disagevole per la presenza di morena formata da grandi massi. Richiede equipaggiamento adeguato. scarponi, maglione, giacca a vento ecc.
Periodo consigliato
Da luglio a settembre.
Come arrivare alla partenza
L'itinerario ha come base di partenza il Rifugio Garibaldi (2548 m), raggiungibile a piedi da Malga Caldea con l'itinerario n.6.

9.- NELLE VALLI DI VALLARO E PAGHERA

Tra i boschi dell'alta Valcamonica e lungo il fiume
Tempo di percorrenza
percorso ad anello: ore 4.
Dislivello totale in salita
800 m (Quota minima: 1020 m, Fiume Oglio nei pressi di Vezza d'Oglio-Quota massima: 1733 m, Roccolo Pornina).
Segnaletica
Segnavia CAI n.72a, 72; sentieri e mulattiere non segnati.
Interessi prevalenti
Vegetazionale, antropico, faunistico, paesaggistico.
Difficoltà
Escursione facile.
Periodo consigliato
Da giugno a ottobre.
Come arrivare alla partenza
In alta Val Camonica si percorre la statale n.42 fino al km 130 (tra Vezza d'Oglio e Stadolina), dove si imbocca la strada che scende verso il fondovalle. Dopo poco più di un chilometro si attraversa il ponte sull'Oglio, poco sotto Stadolina e, subito dopo, si parcheggia in località Valar, dove inizia l'itinerario a piedi. Stadolina è raggiungibile anche con autobus di linea. Dalla fermata si scende a Valar in pochi minuti.

10.- LA CONCA D'AVIOLO E LA VAL GALLINERA.

Verso la valle degli alberi giganti
Tempo di percorrenza
Solo andata: ore 5.30. Scendendo a piedi fino a Edolo il tempo di percorrenza si allunga di oltre un'ora.
Dislivello totale in salita
1030 m (Quota minima: 1494 m, piazzale teleferica in Val Paghera - Quota massima: 2320 m, Passo Gallinera).
Segnaletica
Segnavia CAI n. 21.
Interessi prevalenti
Paesaggistico, floristico, vegetazionale, geologico, faunistico.
Difficoltà
Escursione senza particolari difficoltà che richiede, però, un buon allenamento per la sua notevole lunghezza e per il dislivello.
Periodo consigliato
Da giugno a ottobre.
Come arrivare alla partenza
Nei pressi del centro abitato di Vezza d'Oglio, in alta Valcamonica, si abbandona la strada statale e si imbocca Via Stella, per raggiungere in breve il fondovalle. Dopo aver attraversato l'Oglio su un ponte si risale sull'opposto versante e quindi si inoltra in Val Paghera. Percorsi circa 5 Km di strada asfaltata si oltrepassa il Rifugio Alla Cascata per giungere, poco più avanti, nei pressi della stazione inferiore di una funivia da tempo in disuso, dove si parcheggia l'auto. Qui la strada termina e inizia il sentiero n. 21.

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Una Gita Fuori Porta: i 10 post più cliccati nel mese di Giugno 2013.

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1.- Portofino è da sempre soprannominata la "Piazzetta" più bella del mondo.

Portofino è senza dubbio uno dei borghi marinari più belli e famosi del mondo. Negli anni 60' e 70', star come Ava Gardner, Frank Sinatra, Brigitte Bardot e Lauren Bacall, Humphrey Bogart, Elizabeth Taylor e Richard Burton, Clark Gable, Catherine Deneuve, Liza Minelli e Rex Harrison, frequentavano l'Italia per appassionanti incontri mondani pieni di suggestione.
I giornali di quell'epoca che si occupavano di mondanità, facevano a gara per raccontare nel mondo queste storie piene di fascino e di mistero che hanno reso celebre l'Italia, come simbolo della "Dolce Vita" Internazionale quando si animava in Via Veneto e Piazza di Spagna a Roma. Oggi è ancora luogo d’incontro del jet-set e turismo internazionale.

 

2.- Lago di Como, passeggiando o facendo un giro in battello è possibile godere di fantastici scorci e panorami.

lago di Como

Il lago di Como ha una superficie di 146 km quadrati e raggiunge 414 metri di profondità. E' il terzo lago italiano per estensione dopo quello di Garda e il Verbano. E' un lago stretto e lungo, dalla forma di Y rovesciata, con i due rami che vanno a sud verso Lecco e a sud-ovest verso Como. Nei Promessi Sposi il lago di Como viene decantato dal Manzoni con questi celebri versi: "Quel ramo del lago di Como che volge a mezzogiorno....".
Il bacino è composto da tre parti differenti: a sud-ovest il ramo di Como, a sud-est il ramo di Lecco e a nord il ramo di Colico (o "alto lago"), il più aperto dei tre. I fiordi meridionali rinserrano il montagnoso Triangolo Lariano. La divisione dei tre rami è ben visibile dal Sasso di San Martino, sopra Griante. Particolarmente tipica è la costa orientale del ramo comasco, impervia e ricoperta di boschi.

 

3.- I 10 post più letti nel mese di Maggio 2013.

Il Lago d'Orta, che si trova ad ovest del Lago Maggiore, lascia il turista con una sensazione unica ed indimenticabile grazie ai suoi panorami mozzafiato, le sue vie strette e ciotolate e la sua vegetazione.
Ad est il monte Mottarone separa il lago d'Orta dal Lago Maggiore, mentre a ovest monti alti fino a 1300 metri separano lo specchio acqueo dalla Valsesia. È il più occidentale fra i laghi prealpini, originato dal fronte meridionale del ghiacciaio del Sempione.

Contrariamente a quanto accade con molti laghi alpini, che hanno un emissario a sud, le acque del lago d'Orta escono dal lago a nord. Attraversano la città di Omegna dando vita al torrente Nigoglia che confluisce nello Strona che, a sua volta, sfocia nel Toce e quindi nel Lago Maggiore.

 

4.- Escursioni in montagna: attenzione, (in) pericolo vipere.

Durante le escursioni in montagna può capitare di imbattersi in serpenti. In Italia vivono rappresentanti di due famiglie: i colubridi e i viperidi.
I primi sono totalmente innocui, i secondi, rappresentati da quattro specie - Vipera aspis, V. ursinii, V. berus, V. ammodite - sono invece velenosi.
L'immaginario collettivo ha probabilmente ingigantito i rischi derivanti dalla vipera italiana, che raramente è mortale: la possibilità di essere morsi è infatti piuttosto remota, soprattutto se si adottano norme di cautela come indossare scarponcini alti e calzettoni, fare attenzione quando si raccolgono funghi o erbe, usare un bastone per allontanare rami e foglie.

 

5.- Puglia: antichi trulli e masserie per un nuovo turismo.

Sono tra le strutture tradizionali più belle della regione, Oggi, in molti casi, trasformate in alberghi e residenze raffinate.
Ai contadini di una volta sarebbe sembrato impensabile che le masserie, che per loro significavano sacrifici e fatica, fossero trasformate in alberghi.
La Puglia contadina s'è reinventata nel giro di pochi decenni. E se un tempo lo scenario si presentava come un'immutabile campagna color grano con costruzioni abbandonate, ora è tutto un fiorire di hotel. Una rinascita intelligente.

 

6.- Panorami liguri, dall'Appennino al mare (parte terza).

Il crinale tra il Passo di Garlenda e il Rifugio Sanremo: in fondo a sinistra il Saccarello, a destra la Cima Bertrand - 22 aprile 2009

 

7.- 10 itinerari nel parco dell’Adamello.

Valle_Camonica_Lago_Aviolo_Foto_Parco_AdamelloIl Parco Adamello, situato nel cuore delle Alpi Retiche, si estende per 510 Kmq sul versante sinistro orografico della Valle Camonica, nella porzione nord-orientale della Provincia di Brescia. Sui numerosi sentieri attrezzati che attraversano il Parco (tra cui il ben noto Sentiero n° 1) il paesaggio altoalpino si mostra in tutta la sua spettacolarità.

Numerosi e altrettanto suggestivi sono pure gli itinerari per escursioni meno impegnative a piedi, cavallo o mountain-bike, all'interno delle più belle vallate dell'area protetta. L'ambiente naturale del Parco Adamello si distingue per l'eccezionale ricchezza floristica e vegetazionale, con una sensibile presenza di specie rare ed endemiche oltre che per la fauna, tipicamente alpina (caprioli, cervi, camosci, stambecchi, ecc).

 

8.- Riviera dei Fiori: Ospedaletti non conosce venti di tramontana e, per la sua serenità, è un' oasi di pace di non comune bellezza.

Adagiata in un ridente anfiteatro naturale, tra Capo Nero e Capo Sant'Ampelio, a soli cinque chilometri da Sanremo, non conosce venti di tramontana e, per la sua serenità, è un' oasi di pace di non comune bellezza.
La più lussureggiante vegeta­zione sub-tropicale, coniugata con una urbanizzazione moderata e signorile, fanno di Ospedaletti l'incontrastataperla della Riviera dei Fiori, privilegiata da un clima oltremodo mite ed uniforme, di rara eccezionaiità.

Il suo antico nucleo abitativo, (poche casupole di pescatori, una chiesetta, dedicata a San Giovanni Battista, con annesso rustico ospizio atto a fornire alloggio e protezione a viandanti e pellegrini, di qui l'antico nome del borgo) fondato dai leggendari Cavalieri di San Giovanni di Gerusalemme (poi Cavalieri di Rodi e successivamente Cavalieri di Malta), si raggnippa tutto sulla riva del mare, mentre la città nuova,con le sue ville, i suoi alberghi per ogni tipo di domanda turistica, gli alloggi per vacanza, gli accoglienti bar e ristoranti, si colloca in un ambiente naturale, ricco di palmizi, eucaliptus, mimose e giardini fioriti.

 

9.- Bioparco di Roma, nel cuore di Villa Borghese, la natura vista da vicino.

Situato nel cuore di Villa Borghese, al centro di Roma, il Bioparco nasce nel 1911 ed è uno dei più antichi Giardini Zoologici d'Europa. Oggi ospita oltre 1.000 animali appartenenti a 200 specie tra mammiferi, rettili, uccelli e anfibi ed è inserito in un contesto botanico tra i più interessanti e suggestivi di Roma con più di 1.000 alberi, alcuni dei quali rari e centenari.
Qual è il ruolo di uno zoo? Negli ultimi decenni l'antico concetto di zoo è cambiato radicalmente, passando da un luogo in cui si collezionavano animali rari ad una struttura attiva:
- nella conservazione delle specie minacciate di estinzione attraverso la partecipazione ai programmi internazionali di riproduzione in cattività;
- nell'educazione ambientale attraverso mostre, convegni, attività di sensibilizzazione per il pubblico, eventi mediatici e progetti didattici per le scuole.

 

10.- Panorami liguri, dall'Appennino al mare (seconda parte).

Terrazzamenti per la coltivazione dei vigneti tra Case Pianca e Volastra (Cinque Terre)

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Vacanze in Toscana tra natura e sapori della tradizione.

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toscana mappa-strade-del-vinoTra le regioni più belle d’Italia, la Toscana ha sempre avuto, non solo a livello nazionale, un grande appeal turistico e questo grazie alla sua “completezza”, al suo essere una terra ricca di bellezze e di spunti per vacanze di diverse tipologie.

Si perché la Toscana è destinazione di mare, ma è anche la regione delle città culturali, senza contare il verde e la campagna, le antiche tradizioni e gli eccezionali prodotti regionali che, dall’artigianato all’enogastronomia, hanno ormai conquistato i mercati di tutto il mondo con la loro ricercatezza e unicità.

Negli ultimi anni, proprio le cosiddette “vacanze green”, cioè quelle a contatto con il verde e la natura, hanno conosciuto una grande crescita, non solo in termini di richieste da parte dei turisti, ma anche in relazione all’offerta, con un più capillare sviluppo delle strutture e dei servizi dedicati.

Non è quindi un caso che oggi gli agriturismi in Toscana sono, non solo numerosi, ma anche considerati tra i migliori di tutt’Italia per i servizi offerti, per lo standard di accoglienza e per la capacità di saper coniugare moderne strutture con il rispetto delle tradizioni e dell’ambiente.

itinerari-enogastronomici-toscaniE’ stato, probabilmente, proprio il forte legame con il territorio ad aver permesso agli agriturismi toscani di divenire leader nel settore delle vacanze verdi, complice anche, la grande ricchezza paesaggistica e gli ottimi prodotti della gastronomia locale.

Un grande contributo è venuto proprio dal settore enogastronomico che, incontrandosi con quello ricettivo, ha addirittura dato vita ad una nuova forma di turismo.

Si tratta del cosiddetto turismo enogastronomico, vale a dire quei soggiorni incentrati non solo sul contatto con la natura ma anche sulla riscoperta dei sapori e delle tradizioni di un territorio. In questo ambito, la Toscana è riuscita a sviluppare un’eccezionale offerta; si pensi alla zona del Chianti, una delle più famose, e da sempre legata alla cultura del vino. Qui sono di gran moda, e sempre più richiesti, soggiorni che prevedono veri e propri tour tra i vigneti e degustazione vini Chianti presso le storiche cantine del territorio.

Un connubio, quello tra verde e gusto, che sta avendo un successo crescente; tra Firenze e Siena sono, infatti, numerose le aziende vinicole, le fattorie e le cantine che spesso aprono le porte ai visitatori e permettono loro di assaggiare prodotti di qualità superiore, veri marchi del made in Italy.

Toscana la regione dei vini.

toscana siena degustazione vini

Quando si tratta di ville belle, la Toscana ha molto da offrire! La Toscana non è solo meta per coloro che cercano romanticismo e fascino, ma anche per chi ama la natura e cucina genuina.

Prima di scegliere la zona della Toscana dove vogliamo alloggiare è possibile esplorare le diverse regioni vinicole della regione. Ci sono tre aree principali del vino:

• Chianti
• Montepulciano
• Montalcino

toscana siena degustazione vini2

Ci sono numerose aziende del vino da esplorare in ciascuna di queste regioni. Nella zona del Chianti, per esempio, si può visitare Tenuta Poggio Casciano, che dispone di 60 ettari di vigneto. Montemasso, Santa Dame, Castello dei Rampolla e Cennatoio si trovano anche nella zona del Chianti. Nella zona di Montepulciano, si può visitare Poderi Boscarelli, Villa Sant’Anna e i vigneti della Tenuta Valdipiatta, mentre nella zona di Montalcino troviamo Fanti Tenuta San Filippo, San Polino e Tenuta Le POTAZZINE.
Numerosi sono gli Agriturismi in queste zone, dove potrete accompagnare un’ottima e salutare cucina toscana, con i migliori vini regionali.

Quando si tratta di agriturismo, la Toscana offre molte scelte. In quasi tutte le zone della regione sono presenti tenute ed agriturismi, alcuni divisi in case vacanze con aree e servizi condivisi quali parco giochi per bambini, campi sportivi, palestre, taverna.

La maggior parte di essi sono posizionati nella natura più totale offrendo numerose opportunità di escursioni, trekking e passeggiate in bicicletta.

toscana  mappa enologica

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Viaggio nella Valle del Po: introduzione.

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valle del po' mappaAnche prima di affrontare la sua fortunata avventura televisiva, Soldati “operava” a stretto contatto con il territorio. Quando qualcosa lo sorprendeva, lo appassionava, rispecchiava la sua visione del mondo, ne faceva un racconto.

Ogni città, ogni paesino descritto nelle sue pagine è un luogo concreto, tangibile, percorribile. Ogni personaggio esiste, ogni dialogo è vero, ogni pietanza riportata nelle sue pagine è stata da lui assaggiata e apprezzata.

Ci si può fidare sulla parola. Il garante è lui stesso: caro lettore, caro spettatore, caro telespettatore, sembra dire, io non intendo ingannarti più di quanto richieda quel minimo di finzione che fa un romanzo, un film, una trasmissione televisiva. Questa dichiarazione di lealtà trasmette al lettore, ma anche al (tele)spettatore, una sensazione di tranquillità e di benessere, che lo predispone volentieri alla lettura e alla visione. Il sottotitolo che Soldati volle per il suo “Viaggio nella valle del Po”, che a distanza di 50 anni esatti qui ripercorriamo, è forse il carattere principale della sua poetica: “Alla ricerca dei cibi genuini”.

valle del po panoramaFidatevi dunque, la mia pagina è sincera, quello che vi faccio vedere è vero, promette Soldati. C’è un passaggio esemplare in uno dei suoi “Racconti del Maresciallo”: “Ma lui sa che io scrivo i suoi racconti: e ci tiene, prima di tutto, a essere serio, a essere sincero”, dice Soldati del suo amico carabiniere nel racconto “Un sospetto”, ambientato a Bardonecchia. E qualche riga dopo lo stesso maresciallo precisa: “Dovrei inventare, e i’ sôn nen bôn… non sono capace”.

Poco importa se poi qua e là, nei suoi romanzi, come nei suoi film e nelle trasmissioni tv, sono disseminate piccole e innocue trappole. Quello che conta è che Soldati odia l’artefatto, l’adulterato. Nel cibo, nel vino, nella letteratura. Soldati non ha mai fatto parte dell’avanguardia, aveva in orrore lo sperimentalismo, come dimostrano i suoi interventi alle cerimonie di premiazione del Premio Pannunzio, che presiedette per anni. La sua pagina è piana, semplice, naturale, come lo scorrere del Po. Il complimento più bello glielo fece Italo Calvino, quando in una lettera a Pasolini sostenne che Soldati “scrive in italiano come i francesi scrivono in francese”. Chi conosce Zola e Balzac sa che cosa voleva dire. E non è un caso se facciamo i nomi di due scrittori dell’Ottocento.

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Qualcuno ha detto infatti, senza andare lontano dal vero, che Soldati era un uomo vecchio stile. Per eleganza, modi, scrittura. Molti, tuttavia, hanno riconosciuto che nessuno è stato pronto quanto lui ad abbracciare il nuovo e più potente strumento mediatico del Novecento, la televisione. Lo scrittore torinese sale sopra a questo mezzo come a un cavallo e – senza macchia né paura – parte all’assalto della realtà contadina come se dovesse partire per un’avventura donchisciottesca: vi faccio vedere io che, a dispetto dell’industrializzazione, i cibi genuini esistono ancora.

La sua “cavalcata” attraverso la Valle del Po non può che cominciare a Crissolo, alle pendici del Monviso, là dove il Po nasce e per lunghi tratti mantiene ancora la dimensione del torrente. Le tappe piemontesi del “Viaggio” saranno diciotto, suddivise in cinque puntate televisive. Il Po non è paragonato a un dio pagano, ma è semplicemente lo spunto per poter osservare da vicino la vita della gente più umile, per conversare di letteratura, per documentare tradizioni che, nella fase di passaggio dalla civiltà contadina all’economia industriale, rischiano di scomparire. La buona tavola “è semplicemente un mezzo per sviluppare la fantasia e darle sfogo”, scrisse Soldati nel febbraio ’64 nella rubrica che aveva sul quotidiano “Il Giorno”. Un pretesto, insomma.

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E allora che cos’è questo “Viaggio” che vogliamo ripercorrere? È uno spaccato storico-antropologico, come l’ha definito Carlo Petrini, fondatore di “Slow Food”? Soldati fa questo preambolo: “In questo viaggio non sarò né sistematico, né esauriente”. Andrà, possiamo dire, dove lo porta il fiuto. Prima della sua partenza, l’avvocato Agnelli gli scrive: “Se viene nel Vercellese si fermi nella mia campagna, io ho un cuoco francese e potremo bere insieme vino Bordeaux”. Soldati non si fa incantare e gli risponde: “No, niente contaminazioni straniere. Voglio mangiare e bere prodotti della valle del Po”.

Il Po era stato protagonista di un film che aveva girato due anni prima, nel ’55, e che s’intitolava “La donna del fiume”, protagonista Sophia Loren. Ma era soprattutto un simbolo della sua giovinezza: il 17 marzo 1922 vi si tuffò senza nemmeno togliersi le scarpe per salvare l’amico Lello Richelmy, che stava per annegare davanti al pontile della Canottieri Ermida. Soldati aveva 15 anni. Il gesto gli valse la medaglia d’oro al valor civile, che porta la data del 28 ottobre 1922, giorno della marcia su Roma, come fece lui stesso notare molti anni dopo. Ironia della sorte, uno dei collaboratori al “Viaggio nella Valle del Po” sarà il fratello di Lello, il poeta Tino Richelmy. La prima puntata andò in onda il 3 dicembre 1957, esattamente cinquant’anni fa.

valle del po panorama

di Riccardo De Gennaro

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Viaggio nella Valle del Po: prima puntata.

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valle del po' mappa_thumb[1]Anche prima di affrontare la sua fortunata avventura televisiva, Soldati “operava” a stretto contatto con il territorio. Quando qualcosa lo sorprendeva, lo appassionava, rispecchiava la sua visione del mondo, ne faceva un racconto.

Ogni città, ogni paesino descritto nelle sue pagine è un luogo concreto, tangibile, percorribile. Ogni personaggio esiste, ogni dialogo è vero, ogni pietanza riportata nelle sue pagine è stata da lui assaggiata e apprezzata.

Ci si può fidare sulla parola. Il garante è lui stesso: caro lettore, caro spettatore, caro telespettatore, sembra dire, io non intendo ingannarti più di quanto richieda quel minimo di finzione che fa un romanzo, un film, una trasmissione televisiva. Questa dichiarazione di lealtà trasmette al lettore, ma anche al (tele)spettatore, una sensazione di tranquillità e di benessere, che lo predispone volentieri alla lettura e alla visione. Il sottotitolo che Soldati volle per il suo “Viaggio nella valle del Po”, che a distanza di 50 anni esatti qui ripercorriamo, è forse il carattere principale della sua poetica: “Alla ricerca dei cibi genuini”.

valle del po panorama_thumb[1]Fidatevi dunque, la mia pagina è sincera, quello che vi faccio vedere è vero, promette Soldati. C’è un passaggio esemplare in uno dei suoi “Racconti del Maresciallo”: “Ma lui sa che io scrivo i suoi racconti: e ci tiene, prima di tutto, a essere serio, a essere sincero”, dice Soldati del suo amico carabiniere nel racconto “Un sospetto”, ambientato a Bardonecchia. E qualche riga dopo lo stesso maresciallo precisa: “Dovrei inventare, e i’ sôn nen bôn… non sono capace”.

Poco importa se poi qua e là, nei suoi romanzi, come nei suoi film e nelle trasmissioni tv, sono disseminate piccole e innocue trappole. Quello che conta è che Soldati odia l’artefatto, l’adulterato. Nel cibo, nel vino, nella letteratura. Soldati non ha mai fatto parte dell’avanguardia, aveva in orrore lo sperimentalismo, come dimostrano i suoi interventi alle cerimonie di premiazione del Premio Pannunzio, che presiedette per anni. La sua pagina è piana, semplice, naturale, come lo scorrere del Po. Il complimento più bello glielo fece Italo Calvino, quando in una lettera a Pasolini sostenne che Soldati “scrive in italiano come i francesi scrivono in francese”. Chi conosce Zola e Balzac sa che cosa voleva dire. E non è un caso se facciamo i nomi di due scrittori dell’Ottocento.

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Prima tappa: Crissolo.

   Nelle giornate in cui il cielo è terso, i torinesi possono vedere nitidamente il Monviso, la montagna piemontese da cui nasce il Po. “La si vede bene non tanto perché è la più alta, quanto perché è isolata”, spiega Soldati. Il quale informa i telespettatori che finalmente può esaudire un suo antico desiderio, quello di andare alla sorgente del Po. È come risalire alle origini. Quando è nato il Po? La ricerca dei cibi genuini coincide con una sorta di ricerca della natura non contaminata, là dove termina l’asfalto, le strade sono polverose, gli automezzi della Rai arrancano. Come se il bitume fosse, oltre che un segno di alterazione del paesaggio naturale, anche la prova di una presunta sofisticazione dei cibi. Che cosa trova Soldati alle pendici del Monviso? Niente più di un simpatico ruscello e un pescatore solitario. Ecco, dunque, che la trota sarà il suo primo “trofeo”. Soldati, con l’inconfondibile basco nero, tesse l’elogio della trota di montagna, la trota “fario”, che vive nei torrenti ed è più buona e pregiata di quella di lago o di quella di fiume. È un pesce in grado di risalire la corrente con balzi di 2-3 metri. Il signor Mattio il pescatore, ne prende un chilo, un chilo e mezzo a giornata. È la sua passione, ma lavora anche la terra e ha una vacca tutta sua. Lo spunto di una trota che guizza nel torrente è sufficiente per dare vita a un filone del discorso che lo scrittore seguirà fino a quando non arriverà al delta del Po, quello sulle tecniche di allevamento degli animali, la conservazione e la preparazione dei cibi.

Crissolo__Po_in_piena

Soldati si sposta con la troupe in un vivaio e si fa spiegare, e spiega a sua volta ai telespettatori con parole semplici, il metodo di allevamento delle trote, attraverso la fecondazione artificiale delle uova. Ogni femmina, dice, “dà fino a 2.500 uova per ogni chilo di peso”. Soldati mostra le vasche con le uova, poi le bacinelle con gli avannotti, pesciolini non più grandi di un mignolo che, dopo essere gettati in grandi vasche di cemento, diventeranno trote vere e proprie, “più grosse, ma molto meno buone di quelle di torrente”, precisa Soldati. La trasmissione sarà un viaggio nella cultura di un popolo, il popolo che ha sempre vissuto sulle sponde del Po. Grazie a un atteggiamento di curiosità e modestia di fronte a gente che può insegnargli cose che non sa, Soldati informa e insegna a sua volta, chiedendo la complicità del cameraman e, spesso, degli stessi telespettatori. Non si preoccupa di passare per un incompetente o uno sprovveduto, anzi. Sono caratteristiche che assume volentieri per rendere più simpatico il personaggio, spesso leggermente teatrale, del conduttore televisivo. Soldati curiosa, chiede e indaga, s’interessa dei ritmi di lavoro, della scansione della giornata, delle tecniche produttive e, in questo modo, porta direttamente nelle città, attraverso un mezzo innovativo come  la televisione, il sapere delle campagne. Come spiega bene Emiliano Morreale nella biografia dello scrittore (“Le carriere di un libertino”, Le Mani, Genova, 2006), “Soldati crede davvero che sia possibile venire a capo dei destini umani con una ragione empatica e caritatevole, che coincide, in definitiva con la narrazione”.

Crissolo__Po_in_piena_2008

Seconda tappa: Andezeno (Chieri)

   C’è una verdura di cui si parla raramente. Eppure è una verdura unica, rara, che cresce soltanto nella Valle del Po, forse soltanto in Piemonte. È il cardo, un prodotto della terra poco importante, ma dal quale non si può prescindere per gustare una vera bagna caòda. Il cardo che arriva in tavola sembra un lontanissimo parente del prodotto coltivato, che può essere alto anche più di un metro e mezzo. Soldati decide di farlo conoscere in tutta Italia: “Il centro della coltivazione del cardo è a Chieri – dice – nella collina torinese, sulla riva destra del Po”. Il cardo “gobbo”, ancora oggi, si coltiva invece a Nizza Monferrato, Castelnuovo Belbo e Incisa Scapaccino. Chieri è la patria dei grissini, ma quello che conta ora è la bagna caòda. Soldati mostra ai telespettatori come si fa: burro, acciughe, olio in abbondanza: “Ma attenzione: le acciughe non devono essere lavate dal sale, lasciatelo tutto”, avverte Soldati. Poi la cuoca prende dell’aglio e lo taglia fine fine. Tutto questo deve cuocere prima e durante il pranzo, perché “la salsa d’acciughe è buona quando è calda”. Qui le telecamere inquadrano un esercito di scaldini, “sciufìn” in piemontese, per il mantenimento a temperatura dell’intingolo.

   Bisogna però spostarsi dal ristorante ai campi per avere le informazioni sulla semina e sulla crescita dei cardi. Qui c’è un contadino che li coltiva da una vita. Si chiama Oreste. Spiega che si seminano in aprile e si raccolgono tra la fine di agosto e dicembre. Soldati domanda perché questa verdura deve stare interamente interrata. La spiegazione è banale: altrimenti il cardo non rimarrebbe bianco. L’interramento ha una durata variabile mese per mese, il che significa un gran lavoraccio per il contadino. Ma alla fine, nei mesi di novembre e dicembre, il vecchio Oreste scende a Torino per vendere i suoi cardi al mercato.

Po.Sesia-800

   “Ma lei ne mangia?”, chiede Soldati.

    “Sì, qualche volta, con la bagna caòda, ma anche bolliti”.

    “Li cucina sua moglie?”

    “Sì”.

    “E come le fa sapere che è pronto?”

    “Ah, non c’è problema. Quando il campanile suona mezzogiorno ci fermiamo e andiamo a casa”.

Soldati sottolinea la cosa: “Io la ringrazio per questo che mi ha detto, una cosa che mi ha commosso. Tutti qui, quando è mezzogiorno, lasciano il lavoro e vanno a tavola. Questa è una bella tradizione e io credo che questa tradizione sia il principio primo della genuina gastronomia, una tradizione che si sta perdendo. Purtroppo la vita della città ci obbliga ad andare a tavola anche all’una, alle due, senza una regola, variando continuamente”. A quel punto racconta al contadino e ai telespettatori un aneddoto che ha per protagonisti Giolitti e il duca d’Aosta. Il primo stava uscendo dal Viminale quando vede arrivare il duca d’Aosta che doveva parlargli. Ma Giolitti lo ferma e gli dice: “No, mi rincresce, altezza, ma quando è mezzogiorno tutti devono andare a tavola”. Scriverà giustamente il critico cinematografico Paolo Gobetti, il figlio di Piero Gobetti, sul numero del 1° gennaio ’58 di “Cinema nuovo”: “Il Viaggio nella valle del Po, muovendo dal dato di partenza un po’ banale costituito dalla ricerca delle specialità culinarie delle varie zone, allarga il suo discorso alla vita degli uomini che vivono in quelle zone. E le specialità gastronomiche diventano un riflesso, non banale, di un modo di vita, o addirittura una determinata civiltà”.

Terza tappa: Ponti

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  L’ultima tappa della prima puntata (le trasmissioni duravano circa tre quarti d’ora) si fa a Ponti, un paesino della Val Bormida di Spigno. Il cibo è la polenta, che alcuni anni dopo Soldati celebrerà in uno dei suoi “Racconti del maresciallo” (per l’esattezza “I bei denti del sciur Dino”, che comincia con l’attesa che la polenta venga portata a tavola), storie poi raccolte in volume nel ’67 e che daranno vita a una serie di sceneggiati televisivi, protagonista Turi Ferro. Qui l’occasione per raccontare la polenta è data dalla Festa del Polentone che peraltro non si celebra soltanto a Ponti, ma in molti altri paesi piemontesi, come ad esempio Roccaverano e Bubbio. Ponti è conosciuta anche grazie al romanzo di Augusto Monti, intitolato “I Sanssôssi”, una saga che copre due secoli di storia piemontese, dall’occupazione napoleonica alle prime lotte operaie del Novecento. C’è un lungo capitolo, intitolato “Il campanile di Ponti”, che ha come protagonista un prete, parente di Bartômlìn Monti, il padre di Augusto. Purtroppo, nelle immagini dedicate a Ponti, Mario Soldati non c’è o non si fa vedere, mancano quindi le discussioni, le sue domande su come si fa la polenta, da dove viene la materia prima, i risvolti storico-letterari. A parlare sono solo le immagini e la colonna sonora della festa, che rievoca un atto di generosità del conte del Carretto, il quale – nel 1650 – diede da mangiare a un gruppo di calderai calabresi (in dialetto piemontese “magnani” o “magnini”) in cerca di lavoro al Nord. Il rito della festa prevede che degli uomini vestiti da calderai domandino al conte ospitalità. Il conte gli risponde che sarà felice di allestire una tavola per loro e che avranno polenta, merluzzo e uova, ché “al mondo non si trova boccone più squisito”. Gli anziani cantano, una banda suona chitarre e fisarmoniche, i giovani sbattono le uova e girano la polenta con i bastoni. Poi grossi pentoloni di polenta calda e morbida vengono rovesciati su grandi tavole di legno all’aperto. Sullo sfondo c’è una giostra che gira, quel tipo di giostra con singoli seggiolini agganciati a lunghe catene, dove – grazie alla velocità – i passeggeri possono attaccarsi l’uno all’altro. Il cibo è genuino, la felicità di quegli anni anche.

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di Riccardo De Gennaro

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Viaggio nella Valle del Po: seconda puntata.

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valle del po' mappa_thumb[1]_thumbAnche prima di affrontare la sua fortunata avventura televisiva, Soldati “operava” a stretto contatto con il territorio. Quando qualcosa lo sorprendeva, lo appassionava, rispecchiava la sua visione del mondo, ne faceva un racconto.

Ogni città, ogni paesino descritto nelle sue pagine è un luogo concreto, tangibile, percorribile. Ogni personaggio esiste, ogni dialogo è vero, ogni pietanza riportata nelle sue pagine è stata da lui assaggiata e apprezzata.

Ci si può fidare sulla parola. Il garante è lui stesso: caro lettore, caro spettatore, caro telespettatore, sembra dire, io non intendo ingannarti più di quanto richieda quel minimo di finzione che fa un romanzo, un film, una trasmissione televisiva. Questa dichiarazione di lealtà trasmette al lettore, ma anche al (tele)spettatore, una sensazione di tranquillità e di benessere, che lo predispone volentieri alla lettura e alla visione. Il sottotitolo che Soldati volle per il suo “Viaggio nella valle del Po”, che a distanza di 50 anni esatti qui ripercorriamo, è forse il carattere principale della sua poetica: “Alla ricerca dei cibi genuini”.

valle del po panorama_thumb[1]_thumbFidatevi dunque, la mia pagina è sincera, quello che vi faccio vedere è vero, promette Soldati. C’è un passaggio esemplare in uno dei suoi “Racconti del Maresciallo”: “Ma lui sa che io scrivo i suoi racconti: e ci tiene, prima di tutto, a essere serio, a essere sincero”, dice Soldati del suo amico carabiniere nel racconto “Un sospetto”, ambientato a Bardonecchia. E qualche riga dopo lo stesso maresciallo precisa: “Dovrei inventare, e i’ sôn nen bôn… non sono capace”.

Poco importa se poi qua e là, nei suoi romanzi, come nei suoi film e nelle trasmissioni tv, sono disseminate piccole e innocue trappole. Quello che conta è che Soldati odia l’artefatto, l’adulterato. Nel cibo, nel vino, nella letteratura. Soldati non ha mai fatto parte dell’avanguardia, aveva in orrore lo sperimentalismo, come dimostrano i suoi interventi alle cerimonie di premiazione del Premio Pannunzio, che presiedette per anni. La sua pagina è piana, semplice, naturale, come lo scorrere del Po. Il complimento più bello glielo fece Italo Calvino, quando in una lettera a Pasolini sostenne che Soldati “scrive in italiano come i francesi scrivono in francese”. Chi conosce Zola e Balzac sa che cosa voleva dire. E non è un caso se facciamo i nomi di due scrittori dell’Ottocento.

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Seconda Puntata

Quarta tappa: Cherasco.

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    Qui si parla di carne, la carne del Piemonte, regno del bollito, ma anche del vitello tonnato e del brasato. Per affrontare un tema così importante, Soldati sceglie Cherasco, piazzaforte militare del XIII secolo, situata alla confluenza tra il Tanaro e lo Stura. Gina Lagorio, che ha vissuto qui a lungo, ha ambientato a Cherasco un romanzo intitolato “Tra le mura stellate”. Mentre si avvia sotto i portici, diretto al caffè Umberto, Soldati – che non poteva conoscere il romanzo della Lagorio, pubblicato nel ’91 – presenta Cherasco con queste parole: la città di una pace (quella del 1631) e di un armistizio (firmato il 28 aprile 1796 tra Napoleone e Vittorio Amedeo III e con il quale la Francia ottenne Nizza, Tenda e la Savoia). Cherasco è apprezzata per il suo clima e la sua posizione isolata, racconta Soldati, che nel ’57 poteva dire: “E’ rimasta intatta, com’era una volta, i portici, le botteghe, i caffè”. Oggi è così soltanto in parte, la città è cresciuta e si è modernizzata. Il caffè Umberto, la più vecchia osteria di Cherasco, c’è ancora. All’interno Soldati trova i vecchi arredi, tavoli di legno, sedie impagliate. Oltre al padrone ci sono alcuni anziani che parlano tra loro. Uno dice di essere di Torino, “sfollato a Cherasco” per l’aria buona, che definisce “la specialità del posto”. Tra gli avventori c’è anche un macellaio, che non si fa pregare per dire che “qui ci sono le carni, le più buone di tutta Italia e del mondo”. Si ottengono dal vitello a groppa di cavallo, cioè il vitello da fassone, che ha i quarti posteriori raddoppiati. È con la sua carne che si fa il vitello tonnato e il brasato, mentre per il bollito alla piemontese, sempre più raro oggi, ci vuole il bue grasso (ci sono fiere a Moncalvo, Carrù, Cuneo, Carmagnola). Cherasco è anche un importante centro per l’allevamento delle lumache, che qui si possono degustare in mille modi diversi.

Quinta tappa: Fossano.

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      Soldati è curioso di conoscere dal vivo il vitello a groppa di cavallo, “che mangia anche 5-6 uova al giorno”. Decide quindi di seguire il consiglio del macellaio e spostarsi al mercato di Fossano, dove assiste alla compravendita dei vitelli. “Ci siamo dovuti alzare alle tre del mattino, perché voi sapete che i mercati cominciano alle prime luci dell’alba”, dice Soldati ai telespettatori. La telecamera, intanto, inquadra tre personaggi dietro a un paio di vitelli. Sono il compratore, il venditore e il mediatore. Il prezzo è al chilo e a peso vivo. Quando l’accordo è raggiunto, compratore e venditore si stringono vigorosamente la mano. A quel punto il mediatore taglia un ciuffo di peli sulla groppa del vitello, che avrà così il segno del compratore. Dopodichè si passa alla pesa, dove i contraenti ricevono le bollette con il peso. Infine c’è il pagamento. Soldati fa notare ai telespettatori che è immediato e in contanti: “Mi rincresce per i miei amici banchieri, ma i contadini non si fidano degli assegni. Poche storie! Vogliono i bei bigliettoni da 10mila”. Nel ’57, i biglietti da diecimila lire erano quelle banconote grandi come lenzuoli che quasi non entravano nel portafoglio. Il mercato è vivo, gremito di gente, i vitelli ricevono continue pacche sulla groppa, le operazioni sono veloci e condotte con un linguaggio e una gestualità incomprensibili come il baseball se non se ne conoscono il codice e le regole. Oggi si possono vivere analoghe sensazioni nei giorni della Fiera del vitello grasso, che si tiene a Fossano.    

Sesta tappa: Torino.

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   Siccome nel “Viaggio lungo la valle del Po”, una tappa tira l’altra, Soldati ricorda di aver sentito parlare per la prima volta del vitello da fassone al Cambio di Torino, che presenta come “il più antico ristorante d’Italia”. Le telecamere entrano nel ristorante di piazza Carignano, vivo e vegeto ancora oggi, dove nell’Ottocento andava a mangiare Camillo Benso di Cavour (c’è ancora una targhetta che ne indica il posto preferito, come per Hemingway al Floridita di Cuba, locale famoso per il daiquiri, un cocktail a base di rhum). Soldati sollecita l’operatore a spingersi anche nelle cucine, dove si vedono centinaia di bottiglie di vino sugli scaffali alle pareti. Poi spiega che la gastronomia piemontese deriva da quella francese, fatta di carni, cacciagione, salse elaborate. Il tutto è accompagnato con robusti vini rossi. Lo scrittore ricorda che suo padre fece al Cambio un pranzo completo a base di tartufi: “Tartufo sugli antipasti, sul risotto, sullo stufato, sulla cacciagione, insalata di funghi e tartufi e persino il dolce era a base di tartufi”. A quanto ammontò il conto, però, non lo dice.

   A Torino la troupe Rai ci torna, sempre nella seconda puntata del programma, per un’altra specialità: il grissino, il famoso rubatà. “Perché il grissino fatto a Torino è il migliore di qualunque altro al mondo”, sottolinea Soldati. Non sarà un caso che nel suo unico romanzo ambientato a Torino, Emilio Salgari chiamerà il capoluogo subalpino “Grissinopoli” (il romanzo è “La bohème italiana”). Secondo Mario Soldati, il segreto del grissino torinese sta in due fattori: l’acqua di montagna e il modo di lavorarlo. “Vedete – indica – con quale tocco leggero, naturale, semplice lavorano la pasta, che viene allungata e posata sulla teglia un attimo prima che si rompa”. Per essere genuino, tuttavia, il grissino deve essere fatto a mano: “Questo è l’unico buono, non c’è paragone con il grissino fabbricato a macchina”. È questa la filosofia che guida Soldati nel suo “Viaggio”: l’industria toglie sapore al cibo, lo snatura. Spesso, anche nelle puntate successive, lo scrittore si scaglierà contro il processo di industrializzazione del paese. La telecamera inquadra le pale che infornano i grissini, poi un panettiere che ne porta un grosso pacco fuori dal grissinificio e lo dà a un ciclista per la consegna a domicilio. Questi inforca la bicicletta e si avvia per le strade del centro di Torino, la città natale di Soldati, che allo scrittore Davide Lajolo un giorno dirà: “Chi l’ama legge, nel nome Torino, la presenza di un colore squillante che non si avverte subito, il rosso. Ecco, per me Torino è qualcosa di rosso che ride”.

Settima tappa: Alba.

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   Il tartufo l’avevamo lasciato al Cambio, ma lo ritroviamo tra le mani di un “trifulau” nella campagna di Alba. Soldati si è spostato qui per scoprire i trucchi del mestiere. Lo accompagnano il signor Mora e un cane da tartufo, che a un certo punto fa uno scatto bruciante e, in un campicello adatto alla crescita del tartufo (in latino “Tuber magnatum pico”), comincia a scavare freneticamente con le zampe. Il telespettatore nazionale, che molto probabilmente non ha mai visto un tartufo e, meno ancora, ne ha mai sentito l’inconfondibile profumo, apprende a questo punto che il piccolo tesoro scoperto dal cane è un fungo sotterraneo, che può nascere anche a un metro di profondità nel terreno. “Sono gli alberi che fanno i tartufi”, dice il “trifulau”. I migliori sono quelli intorno alle querce, ma sono ottimi anche quelli che nascono sotto i pioppi e i salici. Il tartufo bianco, il più costoso e pregiato, si trova a settembre e ottobre, mentre il tartufo nero si trova soprattutto in dicembre. Quello rinvenuto dal cane è il classico tartufo del Perigord, il “Tuber melanosporum”. Si distingue dal tartufo bianco per il colore (quello bianco è di color legno di faggio) e per l’uso: il tartufo nero, molto meno profumato, si usa solo per le guarniture dei piatti  e per il foie gras. Soldati domanda al “trifulau” come si addestra il cane da tartufo: “Si fa come si fa con i bambini a scuola, ci vuole il maestro, il cane impara poco per volta”.

   Come per i vitelli di Fossano, Soldati va a curiosare anche al mercato di Alba, dove si fa la compravendita dei tartufi. “Voi sapete, cari telespettatori – dice – che il tartufo è l’alimento, in tutto il mondo, che a parità di peso costa di più”. Più del caviale, più delle ostriche. Il commerciante pesa i tartufi sulla vecchia bilancia da mercato, la stadera, consegna il prodotto e riceve anche qui in cambio un bel mazzo di bigliettoni da 10mila. Al contrario di quanto si potrebbe pensare, il tartufo viene sigillato ed esportato in tutto il mondo, evidentemente senza perdere il suo aroma: la telecamera Rai di cinquant’anni fa inquadra i cartoni con le etichette di Londra, New York, Bruxelles, Parigi. Gioacchino Rossini definì il tartufo “il Mozart dei funghi”. Oggi qualcuno lo chiama “l’oro bianco dei boschi”.

Ottava tappa: Carmagnola.

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   Come per Maometto e la montagna, questa volta non è Soldati che va a cercare il prodotto genuino, ma è il prodotto genuino che va da Soldati. Non avendo potuto passare per Carmagnola, Soldati ha chiesto all’amico Richelmy di portargli una cassetta di peperoni nello studio Rai di Roma. Sono belli, lucidi, sodi, esattamente come quelli che si possono trovare ancora oggi alla Sagra del Peperone. Il programma è ancora in bianco e nero, ma ce li possiamo facilmente immaginare rossi, verdi, gialli. Richelmy ne ha portate 4-5 qualità di forme diverse. “Dicono siano i migliori del mondo”, fa Soldati. C’è anche un premio internazionale: “Sì, premiano non i più grossi, ma il più resistente e il più pesante”, sottolinea Richelmy. La stagione dei peperoni (oggi è particolarmente apprezzato anche il peperone quadrato Igp della Motta, frazione di Costigliole d’Asti) va da agosto ad ottobre. C’è “il lungo”, che dà anche origine allo “spagnolino”, c’è “il pomodoro”, per la forma tonda. Il telespettatore apprende poi che “quello a quattro punte è il peperone perfetto” e che “il peperone non va tagliato con il coltello, ma aperto con le mani”. Lo si può mangiare cotto, crudo, alla brace, con la bagna caôda, con le acciughe intere, in composta, dice Richelmy. Ma anche con la fonduta. La fonduta? Mai sentito. Il fatto è che Soldati ha invitato in studio anche una contessa che dovrà preparare la fonduta valdostana. Nei suoi giri lungo il Po, Soldati non è infatti riuscito a fare conoscere questo piatto prelibato al suo pubblico di estimatori, pubblico che cresce di numero ad ogni puntata e segue i consigli di uno scrittore che potrebbe essere uno zio, lo zio Mario.

   Ora questo pubblico, avrà anche la ricetta della fonduta. E non solo: le ricette dei migliori piatti saranno il punto di forza della trasmissione. La più famosa sarà quella della “salama da sugo”, che Soldati sarà spesso costretto a ripetere anche in altre trasmissioni e, in privato, agli amici più attenti. Ma torniamo alla ricetta della fonduta. Si fa con fontina d’Aosta, burro, latte e rosso d’uovo. Tutto qui. La contessa precisa che il formaggio si chiama Cervinia, perché “oggi ci sono anche fontine molto economiche che non hanno sufficiente grasso affinché la fonduta riesca”. Sempre attento ai cibi genuini, questa volta Soldati non è d’accordo: “Va bene dire semplicemente fontina”, puntualizza. La donna si mette a preparare la fonduta nello studio Rai, tagliando a cubetti fini la fontina. Il formaggio è poi messo a macerare in latte e acqua per almeno 5-6 ore. Niente sale, niente pepe. Al formaggio, dopo le sei ore, vengono aggiunte le uova a freddo: due uova (solo i rossi) e una noce di burro ogni 100 grammi di fontina (la razione per una persona). Poi si mette il tutto a scaldare a bagno maria e lo si frulla vigorosamente affinché non fili. La cottura deve durare 20-25 minuti, durante i quali l’uovo si rassoda e la fontina si scioglie. Ne esce una crema, che andrebbe completata, per chi ne avesse le possibilità, da una bella grattata di tartufo bianco. Soldati, guarda caso, ne ha uno e se lo fa servire: “Eh, cari telespettatori, l’odore del tartufo e della fontina ha per i torinesi qualcosa di poetico ed evocativo. Quanti ricordi!”

Nona tappa: Villarfocchiardo.

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   Uno dei ricordi di Soldati è un pranzo che fece molti anni prima  a Villarfocchiardo, un paese situato a metà strada tra Rivoli e Susa. Il ristorante, dove torna con l’intera troupe, si chiama Giaconera. Ci andavano quasi a sbattere contro coloro che la domenica tornavano a Torino da Bardonecchia ai tempi in cui non c’era l’autostrada. Quello di Soldati, in questo caso, è un po’ uno spot pubblicitario del ristorante, che era gestito dal signor Cattaneo. La specialità che mostra in tv è, infatti, un banalissimo “pollo alla babi”. Si prende il pollo, gli si apre il petto e lo si schiaccia fino a farlo diventare brutto come un “babi” (rospo in piemontese). Poi lo si mette a cuocere sul fuoco vivo all’interno una doppia griglia. “Come cent’anni fa”, spiega Cattaneo. Poi lo si gira e lo si rigira per una ventina di minuti. Va accompagnato da un vino Carema, o da un Gattinara. Ma di vini Soldati parlerà nelle due puntate successive e approfondirà poi il tema enologico durante un altro viaggio, fatto in compagnia di suo figlio Volfango dodici anni dopo, nel ’69.

   Da quel viaggio nacque un libro pubblicato dalla Mondadori che s’intitolava, non a caso, “Vino al vino. Alla ricerca dei vini genuini”. Soldati risaliva la penisola, a partire dalla Sicilia, per finire in Piemonte. Qui, con il figlio, che all’epoca era fotografo, si spingeva nelle terre dove si producevano il Carema, il Passito e l’Erbaluce di Caluso, il Lessona Sella, il Bramaterra, il Mesolone, oltre al Bianco di Morgex e lo Chambave della valle d’Aosta. Alla fine del libro Soldati concludeva con una massima: “Meglio un vino qualunque, bevibile naturalmente, in compagnia di un amico che un Romane-Conti da centinaia di nuovi franchi la bottiglia bevuto da solo. Che cos’è un vino senza gli amici? Poco più di niente”. Allo stesso modo Soldati termina la puntata dedicata alle carni, al tartufo, ai grissini, alla fonduta, al pollo e ai peperoni con l’elogio della bruschetta: “Ho mangiato qualche volta in casa di miliardari e ho mangiato male. Ho mangiato a casa di povera gente e ho mangiato magnificamente. Talvolta un pezzo di pane abbrustolito con l’aglio sfregato sopra, olio e sale diventa una cosa squisita. Che cosa vuol dire questo? Che il segreto della buona cucina è tutto qui, sta nella semplicità e nella genuinità degli alimenti. La buona cucina è uguale per tutti”.

di Riccardo De Gennaro

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Viaggio nella valle del Po: terza puntata.

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valle del po' mappa_thumb[1]_thumb_thumbAnche prima di affrontare la sua fortunata avventura televisiva, Soldati “operava” a stretto contatto con il territorio. Quando qualcosa lo sorprendeva, lo appassionava, rispecchiava la sua visione del mondo, ne faceva un racconto.

Ogni città, ogni paesino descritto nelle sue pagine è un luogo concreto, tangibile, percorribile. Ogni personaggio esiste, ogni dialogo è vero, ogni pietanza riportata nelle sue pagine è stata da lui assaggiata e apprezzata.

Ci si può fidare sulla parola. Il garante è lui stesso: caro lettore, caro spettatore, caro telespettatore, sembra dire, io non intendo ingannarti più di quanto richieda quel minimo di finzione che fa un romanzo, un film, una trasmissione televisiva. Questa dichiarazione di lealtà trasmette al lettore, ma anche al (tele)spettatore, una sensazione di tranquillità e di benessere, che lo predispone volentieri alla lettura e alla visione. Il sottotitolo che Soldati volle per il suo “Viaggio nella valle del Po”, che a distanza di 50 anni esatti qui ripercorriamo, è forse il carattere principale della sua poetica: “Alla ricerca dei cibi genuini”.

valle del po panorama_thumb[1]_thumb_thumbFidatevi dunque, la mia pagina è sincera, quello che vi faccio vedere è vero, promette Soldati. C’è un passaggio esemplare in uno dei suoi “Racconti del Maresciallo”: “Ma lui sa che io scrivo i suoi racconti: e ci tiene, prima di tutto, a essere serio, a essere sincero”, dice Soldati del suo amico carabiniere nel racconto “Un sospetto”, ambientato a Bardonecchia. E qualche riga dopo lo stesso maresciallo precisa: “Dovrei inventare, e i’ sôn nen bôn… non sono capace”.

Poco importa se poi qua e là, nei suoi romanzi, come nei suoi film e nelle trasmissioni tv, sono disseminate piccole e innocue trappole. Quello che conta è che Soldati odia l’artefatto, l’adulterato. Nel cibo, nel vino, nella letteratura. Soldati non ha mai fatto parte dell’avanguardia, aveva in orrore lo sperimentalismo, come dimostrano i suoi interventi alle cerimonie di premiazione del Premio Pannunzio, che presiedette per anni. La sua pagina è piana, semplice, naturale, come lo scorrere del Po. Il complimento più bello glielo fece Italo Calvino, quando in una lettera a Pasolini sostenne che Soldati “scrive in italiano come i francesi scrivono in francese”. Chi conosce Zola e Balzac sa che cosa voleva dire. E non è un caso se facciamo i nomi di due scrittori dell’Ottocento.

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Terza Puntata

Decima tappa: Canelli.

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   Il vino è il protagonista della terza e della quarta puntata del “Viaggio”, in onda rispettivamente il 17 e il 24 dicembre 1957. La troupe della Rai fa tappa a Canelli, La Morra, Fontanafredda, Govone, Alba e Pessione. Canelli è importante per lo spumante. La prima inquadratura è dedicata a un carretto trainato da un cavallo che trasporta tre botti. La seconda è per un operaio che, a mano, scuote e gira di qualche grado le bottiglie di spumante infilate in appositi cavalletti (detti “pupitre”), affinché i residui della fermentazione (fecce) scendano verso il turacciolo. Immagini di altri tempi. Oggi il “remuage” è stato meccanizzato, sebbene il lavoro a mano sopravviva in molte piccole aziende. Soldati chiede all’operaio da quanto tempo fa quel lavoro così scomodo e lui, preciso, risponde: “Da cinquantun’anni e mezzo”. Aggiunge che un bravo operatore riesce a “girare” 40mila bottiglie in otto ore, ma mediamente se ne fanno 30-35mila. Il problema è che lo spumante deve essere assolutamente limpido e non può permettersi di avere il fondo come il vino rosso. Come abbiamo detto, il “Viaggio nella Valle del Po” non è soltanto una ricerca dei cibi genuini, ma anche un documentario sulle tecniche produttive e l’introduzione delle macchine, alle quali peraltro Soldati si mostra un po’ allergico.

   Dopo la lunga fase di “manipolazione” delle bottiglie, che dura 4-5 anni, si passa alla fase della sboccatura per eliminare proprio quei residui della fermentazione vicino al tappo: la bottiglia viene stappata, sboccata di un certo quantitativo di liquido, che viene immediatamente ripristinato con l’aggiunta del cosiddetto “liquore” o sciroppo di dosaggio, fatto di zucchero candito sciolto in vino invecchiato (qualcuno ci aggiunge anche un po’ di cognac), adatto a rendere amabile lo spumante. Fino ad alcuni anni fa, l’operazione di sboccatura veniva eseguita manualmente (ma l’operaio doveva essere molto bravo a ritappare in tempo per non perdere troppo liquido e gas), oggi è meccanizzata. Soldati passa poi a mostrare la fase della “tappatura” finale, completamente meccanica. Il padrone della fabbrica ammette che qualche volta le bottiglie scoppiano (la pressione interna dell’anidride carbonica dovuta alla fermentazione raggiunge le 6-7 atmosfere) e che è pericoloso per gli occhi. Soldati si sofferma però sul processo produttivo: “Mi rattrista un pochino la meccanizzazione”. Sembra quasi che per lui il lavoro dovrebbe essere sempre manuale e faticoso. A quel punto il proprietario lo porta da un operaio, che fa un lavoro oggi fortunatamente estinto: deve passare tutte le bottiglie, una per una, sulla luce di una candela. Se la luce e il contorno delle dita attraverso il vetro risultano netti vuol dire che lo spumante è limpidissimo, se invece c’è un po’ di velatura il vino non è limpido e la bottiglia va dunque soppressa. Lo spumante viene fatto con uve pinot, i cui vitigni sono stati importati dalla Francia nel secondo decennio del Novecento.

   “Non ero mai stato a Canelli – dirà Soldati alla fine – eppure l’ho riconosciuta subito. La conoscevo dalle opere di Cesare Pavese, che era di Santo Stefano Belbo. Questo prova che lo scrittore quando è bravo coglie la realtà nel vivo meglio di qualunque fotografia, di qualsiasi operatore o regista cinematografico”. Soldati era amico di Pavese, lo scrittore che si suicidò in un hotel di Torino in piazza Carlo Felice il giorno di Ferragosto del ’50. In uno dei suoi romanzi più belli, “La luna e i falò”, Pavese definì Canelli “la porta del mondo”. Il protagonista si chiamava Nuto, ma il suo vero nome era Pinolo Scaglione, un amico di Pavese: la sua falegameria è diventata un museo di memorie pavesiane.

Undicesima tappa: La Morra.

    “In un angolo della piazzetta della Morra c’è una trattoria dove si mangia come in famiglia”, racconta Soldati. È qui che la troupe Rai, composta da 15 persone, fa una sosta ristoratrice, dopo aver filmato i vigneti, tema della puntata, la torre, il monumento al soldato, il campanaro. La tappa è breve. Alla fine del pranzo, Soldati si affaccia in cucina e, forse per suscitare l’invidia dei telespettatori, fa dire alla cuoca, la signora Roggero, che cosa gli ha servito. Apprendiamo così che Soldati e i suoi collaboratori hanno mangiato insalata capricciosa, involtini di prosciutto, brasato al barolo, fagiano al salmì e una panna cotta superlativa.

Dodicesima tappa: Fontanafredda.

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   Per dimostrare “la potenza di fuoco” del Piemonte sul fronte dei vini, la troupe capitanata da Soldati si sposta nelle Langhe e precisamente a Serralunga d’Alba, nella vecchia tenuta Fontanafredda, circondata da settanta ettari di vigneti. Qui lo scrittore-regista incontra il signor Ferro, il quale gli racconta che la tenuta apparteneva al re Vittorio Emanuele II. Fu però il figlio Emanuele di Mirafiori, nato dalla sua unione con la Bela Rosin (Rosa Vercellana) ad avviare l’azienda vitivinicola. Le botti in rovere di Slavonia sono ancora quelle originali con lo stemma di Emanuele. Ferro spiega che le botti per i vini nobili come il barolo devono essere rigorosamente di rovere. Queste qui contengono 150 ettolitri, ma la tenuta ne possiede anche di capienza pari a 320 ettolitri. Le botti in cemento (vetro all’interno) servono invece per la conservazione dei vini bianchi, in particolare il moscato. La carrellata della telecamera mostra botti piene di barbera, barolo, barbaresco, freisa, grignolino. Dopo la visita alla tenuta, che ha diverse cantine sovrapposte, Soldati insiste per vedere la casa di caccia dove viveva la Bela Rosin, figlia di un ufficiale delle guardie del re Carlo Alberto, amante e poi moglie morganatica di Vittorio Emanuele II. L’amore sbocciò quando lei aveva 14 anni (lui 27) e durò molto più a lungo di tutti gli amori del re d’Italia, che procreava a destra e a manca chiamando i figli avuti dai rapporti con le sue amanti tutti con il cognome Guerriero o Guerrieri

di Riccardo De Gennaro

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Viaggio nella valle del Po: quarta puntata.

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valle del po' mappa_thumb[1]_thumb_thumb_thumbAnche prima di affrontare la sua fortunata avventura televisiva, Soldati “operava” a stretto contatto con il territorio. Quando qualcosa lo sorprendeva, lo appassionava, rispecchiava la sua visione del mondo, ne faceva un racconto.

Ogni città, ogni paesino descritto nelle sue pagine è un luogo concreto, tangibile, percorribile. Ogni personaggio esiste, ogni dialogo è vero, ogni pietanza riportata nelle sue pagine è stata da lui assaggiata e apprezzata.

Ci si può fidare sulla parola. Il garante è lui stesso: caro lettore, caro spettatore, caro telespettatore, sembra dire, io non intendo ingannarti più di quanto richieda quel minimo di finzione che fa un romanzo, un film, una trasmissione televisiva. Questa dichiarazione di lealtà trasmette al lettore, ma anche al (tele)spettatore, una sensazione di tranquillità e di benessere, che lo predispone volentieri alla lettura e alla visione. Il sottotitolo che Soldati volle per il suo “Viaggio nella valle del Po”, che a distanza di 50 anni esatti qui ripercorriamo, è forse il carattere principale della sua poetica: “Alla ricerca dei cibi genuini”.

valle del po panorama_thumb[1]_thumb_thumb_thumbFidatevi dunque, la mia pagina è sincera, quello che vi faccio vedere è vero, promette Soldati. C’è un passaggio esemplare in uno dei suoi “Racconti del Maresciallo”: “Ma lui sa che io scrivo i suoi racconti: e ci tiene, prima di tutto, a essere serio, a essere sincero”, dice Soldati del suo amico carabiniere nel racconto “Un sospetto”, ambientato a Bardonecchia. E qualche riga dopo lo stesso maresciallo precisa: “Dovrei inventare, e i’ sôn nen bôn… non sono capace”.

Poco importa se poi qua e là, nei suoi romanzi, come nei suoi film e nelle trasmissioni tv, sono disseminate piccole e innocue trappole. Quello che conta è che Soldati odia l’artefatto, l’adulterato. Nel cibo, nel vino, nella letteratura. Soldati non ha mai fatto parte dell’avanguardia, aveva in orrore lo sperimentalismo, come dimostrano i suoi interventi alle cerimonie di premiazione del Premio Pannunzio, che presiedette per anni. La sua pagina è piana, semplice, naturale, come lo scorrere del Po. Il complimento più bello glielo fece Italo Calvino, quando in una lettera a Pasolini sostenne che Soldati “scrive in italiano come i francesi scrivono in francese”. Chi conosce Zola e Balzac sa che cosa voleva dire. E non è un caso se facciamo i nomi di due scrittori dell’Ottocento.

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Quarta Puntata

Tredicesima tappa: Govone.

Barbera, Bonarda, Dolcetto, Nebbiolo, Arneis. Il comune di Govone, che si trova esattamente al confine tra le Langhe e il Monferrato, è conosciuto per la produzione di questi vini, ma soprattutto per il castello (oggi arricchito da uno splendido roseto), dove nel 1730 soggiornò Jean Jacques Rousseau, che era al servizio del conte Solaro. Soldati s’intrattiene con il professor Dalmasso, il quale gli dice di aver trovato un contratto del secolo IX in cui già siDolcetto parlava delle vigne di Govone. Dalmasso racconta poi che pochi mesi prima, durante un convegno sul vino, aveva avuto un battibecco con un economista convinto che l’industria enologica fosse ormai “un’industria crepuscolare”. Era il 1957. In quell’anno cominciano a spuntare le prime cantine sociali. Soldati dichiara immediatamente di non essere favorevole, nonostante gli spieghino che servono per abbassare il prezzo del vino da tavola alla bottiglia e remunerare adeguatamente i contadini. Glielo dice un certo geometra Bianco, nativo di Calosso, amico anch’egli di Pavese, nonché il parroco di Covone, il quale prevede che “un giorno saranno soddisfatti della cantina sociale anche coloro che oggi sono diffidenti”. Ma questo non è sufficiente: “Io non sono del tutto d’accordo”, dice sommessamente Soldati, che si proclamava socialista, ma che avendo studiato dai gesuiti ebbe sempre un certo timore reverenziale verso gli uomini di Chiesa.

Quattordicesima tappa: Alba.

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   Nell’ambito del suo breve tour enologico, Soldati non poteva non tornare ad Alba, capitale del tartufo, ma anche del protagonista di molti racconti dell’altro grande “cantore” delle Langhe e della Resistenza, Beppe Fenoglio, che dopo la guerra fu procuratore per un’azienda vinicola albese. Città antichissima, pre-romana, Alba diede i natali, oltre che all’autore del “Partigiano Johnny”, anche a Pinot Gallizio, grande artista, principale esponente italiano del movimento situazionista fondato da Guy Debord. Com’era accaduto per i vitelli a Fossano e per il tartufo, Mario Soldati s’intromette a suo modo nelle fasi di compravendita del vino che si svolgono in un vecchio caffè della piazza centrale. Da una parte ci sono i commercianti al minuto, dall’altra i produttori. In mezzo i mediatori e gli assaggiatori. Quasi tutti piangono miseria e parlano di crisi del vino, i commercianti indossano il cappello anche all’interno del locale. Le facce sono facce di piemontesi che la sanno lunga, ce n’è uno con i capelli impomatati divisi da una riga e i baffetti alla Fred Buscaglione, un altro, tal Mentini, soprannominato “il gangster”. “Che cosa faccio? Una volta ero mediatore, adesso pago le imposte da commerciante”, dice. L’atmosfera sembra gioviale, ma c’è tensione, forse a causa della tv.

   Soldati si fa mostrare come si assaggia il vino, c’è chi lo fa girare e chi, dopo aver tappato con la mano il bicchiere, lo sbatte perché faccia la schiuma. Gli esperti non sbagliano mai la gradazione ed è interessante notare che a quel tempo i negozianti assaggiavano essi stessi i prodotti che acquistavano. L’elenco dei vini piemontesi è interminabile (da queste parti si dice che “la vite è la vita”, come recita lo stemma del comune di Santo Stefano Belbo). Soldati ne dice almeno una ventina. Poi racconta un aneddoto divertente: che quand’era più giovane si era divertito con gli amici a scrivere una formazione di calcio fatta non con i nomi dei calciatori, ma con i vini piemontesi. Il Caluso era finito in porta, perché il passito si beve alla fine, la coppia dei terzini era costituita da Barbera e Barbaresco, mentre il Barolo, il Gattinara e il Chiomonte, “anziani e potenti”, formavano la linea mediana. In attacco Grignolino, Freisa, Nebiolo, Dolcetto e Brachetto, “veloci, frizzanti, spumeggianti”. Le riserve erano il Lessona (portiere), il Carema, il Ghemme, la Bonarda. Una squadra formidabile senza “stranieri”.

Quindicesima tappa: Pessione.

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   “Il Piemonte è celebre in Italia per i vini, ma è famoso nel mondo per i vermouth”, esordisce Soldati. Non a caso, in Francia, racconta, si dice “donnez-moi un Turin”, che vuol dire mi dia un vermouth. Il telespettatore apprende che il vermouthè “un infuso di erbe aromatiche nel vino”. Si chiama così perché l’erba principale è il vermouth, una parola dialettale che proviene dal tedesco vermut e che significa “assenzio”, in latino artemisia absinthium, Soldati sostiene che il vermouth è solo piemontese e che l’erba si trova nelle Prealpi intorno a Torino. Sarebbe stato inventato nel 1786 a Torino da Antonio Benedetto Carpano, ma qualcuno sostiene che il primo a realizzare un liquore a base di vino e assenzio fu addirittura Ippocrate. Per raccontare il vermouth Soldati si reca a Pessione, oggi sede del Museo Martini. Con che cosa si cuociono vino ed erbe? Con il vapore. L’infuso sale e scende lungo un labirinto di tubi e poi torna nella vasca. Le macchine, poi, fanno correre le bottiglie, avvitano i tappi, applicano le etichette, quella piccola superiore, quella grande inferiore, quella sul retro.

di Riccardo De Gennaro

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Viaggio nella Valle del Po: quinta (ultima) puntata.

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valle del po' mappa_thumb[1]_thumb_thumb_thumb_thumbAnche prima di affrontare la sua fortunata avventura televisiva, Soldati “operava” a stretto contatto con il territorio. Quando qualcosa lo sorprendeva, lo appassionava, rispecchiava la sua visione del mondo, ne faceva un racconto.

Ogni città, ogni paesino descritto nelle sue pagine è un luogo concreto, tangibile, percorribile. Ogni personaggio esiste, ogni dialogo è vero, ogni pietanza riportata nelle sue pagine è stata da lui assaggiata e apprezzata.

Ci si può fidare sulla parola. Il garante è lui stesso: caro lettore, caro spettatore, caro telespettatore, sembra dire, io non intendo ingannarti più di quanto richieda quel minimo di finzione che fa un romanzo, un film, una trasmissione televisiva. Questa dichiarazione di lealtà trasmette al lettore, ma anche al (tele)spettatore, una sensazione di tranquillità e di benessere, che lo predispone volentieri alla lettura e alla visione. Il sottotitolo che Soldati volle per il suo “Viaggio nella valle del Po”, che a distanza di 50 anni esatti qui ripercorriamo, è forse il carattere principale della sua poetica: “Alla ricerca dei cibi genuini”.

valle del po panorama_thumb[1]_thumb_thumb_thumb_thumbFidatevi dunque, la mia pagina è sincera, quello che vi faccio vedere è vero, promette Soldati. C’è un passaggio esemplare in uno dei suoi “Racconti del Maresciallo”: “Ma lui sa che io scrivo i suoi racconti: e ci tiene, prima di tutto, a essere serio, a essere sincero”, dice Soldati del suo amico carabiniere nel racconto “Un sospetto”, ambientato a Bardonecchia. E qualche riga dopo lo stesso maresciallo precisa: “Dovrei inventare, e i’ sôn nen bôn… non sono capace”.

Poco importa se poi qua e là, nei suoi romanzi, come nei suoi film e nelle trasmissioni tv, sono disseminate piccole e innocue trappole. Quello che conta è che Soldati odia l’artefatto, l’adulterato. Nel cibo, nel vino, nella letteratura. Soldati non ha mai fatto parte dell’avanguardia, aveva in orrore lo sperimentalismo, come dimostrano i suoi interventi alle cerimonie di premiazione del Premio Pannunzio, che presiedette per anni. La sua pagina è piana, semplice, naturale, come lo scorrere del Po. Il complimento più bello glielo fece Italo Calvino, quando in una lettera a Pasolini sostenne che Soldati “scrive in italiano come i francesi scrivono in francese”. Chi conosce Zola e Balzac sa che cosa voleva dire. E non è un caso se facciamo i nomi di due scrittori dell’Ottocento.

valle del po panorama1_thumb[2]_thumb_thumb_thumb_thumb

Quinta Puntata

Sedicesima tappa: Sulpiano.

   Il triangolo vercellese Sulpiano-Veneria-Crescentino permette a Soldati di parlare ancora di vino, ma naturalmente anche di riso e di pesce d’acqua dolce. A Sulpiano lo scrittore incontra un certo professor Brusa, al quale fa una domanda forse un po’ naif: “Qual è la differenza tra il Barolo e il Barbaresco?”. L’altro nicchia, dice che nel Barbaresco si riscontra una forza arcaica, bruta, mentre il Barolo ha un sapore più morbido, più rotondo, più classico. Poi si lancia in una metafora particolarmente ardita: “Il Barbaresco lo paragonerei a una colonna dorica, come quelle del tempio di Agrigento, mentre il Barolo è una colonna dorica”.

   Tornato in studio, Soldati mostra alla lavagna i profili di otto bicchieri ideali per il vino, il cognac, la grappa. Dopodiché è la volta dei cavatappi, di diverse fogge e qualità: “Il vino è come il piacere, più è grande e più è difficile da ottenere”, dice Soldati, che nella sua vita non ha mai nascosto la sua natura di libertino e di grande amatore (celebre, ad esempio, la sua “cotta” per Alida Valli, che nel ’41 diresse nel film “Piccolo Mondo Antico”). Secondo Soldati, dunque, il vino è buono quando il tappo chiude bene e quindi la bottiglia è più difficile da aprire. All’uopo ha invitato un muscoloso calciatore dell’epoca, Maurizio Olivieri, che apre senza fatica le bottiglie con il cavaturaccioli giudicato più adatto al vino: quello semplice (senza le alette) che costringe a tenere stretta la bottiglia tra le gambe. Il migliore in assoluto, tuttavia, è il cavatappi a muro che si vedeva spesso nelle case di campagna.

Diciassettesima tappa: Veneria.

Parco.Delta.Po

   Il consueto basco in testa, Soldati vaga a questo punto tra le risaie. Prima, però, visita le stalle della Cascina Veneria di proprietà del dottor Furno, che lo accompagna a vedere i tori da monta. Il campione, di razza olandese, è un toro che, non per niente, si chiama Verga. L’azienda di Furno, dove ci sono vacche da latte e vitelli da macello è molto grande e pulita: “Questa stalla è una delle più belle che io abbia mai visto – dice Soldati – e il mio amore per il genuino e l’autentico non arriva a farmi preferire le stalle sporche a quelle pulite”. Le otto stalle e gli stabilimenti sono tagliate da un viale lungo il quale ci sono anche 16 casette, che – come spiega Furno – sono le abitazioni dei salariati fissi. Il discorso più interessante per i telespettatori che conoscono le risaie soltanto grazie al film “Riso Amaro”, girato proprio nella Cascina Veneria e con Silvana Mangano nei panni di una mondina, è quello che riguarda, appunto, la produzione del riso. Apprendiamo, dunque, che l’acqua d’irrigazione dei campi viene immessa verso il 7-8 aprile. La semina nell’acqua va fatta entro il 7-8 maggio. I campi restano allagati da metà aprile a metà agosto, dopodichè i campi vengono prosciugati. La raccolta del riso si comincia verso metà settembre per finire entro la metà di ottobre.

   La curiosità di Soldati, finalizzata all’interesse del telespettatore, non dà tregua a Furno. Al quale dapprima chiede che cosa sia il “riso selvatico”, poi la ricetta della “paniscia”. Il riso selvatico è il riso al quale viene tolta soltanto la prima delle tre vesti, dunque il riso appena sgusciato. La “paniscia” è, invece, un primo piatto, specialità vercellese (ce n’è anche una versione novarese, che si differenzia per la presenza della verza). Come si fa? Dunque, si prende un salame tenuto sotto grasso da almeno 4-5 mesi, gli si toglie la pelle e lo si fa friggere in una padella dove già si è fatto friggere olio burro e lardo. Quando il tutto ha assunto un colore rosa, quasi dorato, si aggiungono riso e fagioli nella proporzione di otto unità di riso e due unità di fagioli e lentamente si lascia evaporare il brodo rilasciato dal riso e dai fagioli stessi. Quando il riso raggiunge una densità tale che si ha la possibilità di piantare il cucchiaio senza che questo cada vuol dire che la “paniscia” è pronta. La tappa a Veneria si conclude con una notizia di storia: il riso è stato portato nel Vercellese e nella Lomellina dagli spagnoli, che l’avevano a loro volta importato dalla Cina. Soldati chiede se sia la verità e il suo interlocutore non può che fare segno di sì con la testa.

Diciottesima tappa: Crescentino.

po-sulpiano

   L’ultima tappa del “Viaggio nella valle del Po”, limitatamente al territorio piemontese, è tra le meno interessanti. Si vedono lunghe immagini di pescatori che si muovono su delle canoe lungo il Po, tra Crescentino e Verrua Savoia. Soldati, sulla riva, urla domande ai pescatori. Uno di loro si chiama “Secco della montagna” e ha sempre fatto il pescatore. Il nome gli viene dal padre, dice, che aveva una voce talmente potente da attraversare le montagne. I pescatori tirano su le reti e gli ami. Con le prime prendono trote e tinche, con gli ami le anguille. Quella zona è anche zona di cacciagione, lepri, fagiani, anitre di passaggio, pernici. L’anguilla marinata Soldati e la sua troupe vanno a mangiarsela alla Trattoria delle Alpi, che ha un’insegna “bombata” come quelle di una volta (a Torino, ad esempio, ne ha ancora una simile il ristorante “Forni e Goffi” di corso Casale). La proprietaria del ristorante assicura che la ricetta è semplice, ma non vuole rivelarla in tv. Ci pensa Soldati: l’anguilla va cotta nel suo grasso naturale e nell’aceto, che raffreddandosi diventa gelatina. Fuori dal ristorante la troupe incontra uno strano e anziano lattaio in moto, che ogni tanto scende a bersi un “cicchetto” nei bar del paese. La telecamera lo sorprende mentre estrae, tra le bottiglie di latte nel carretto attaccato alla moto, una bottiglia di vino, che poi porta alla bocca. È il momento del commiato: “E mentre il vecchietto si allontana diamo l’addio al Piemonte – dice Soldati in primo piano – diamo l’addio a Torino. Ciau Turin! Ci rivedremo l’anno venturo, nel ’58, in Lombardia. Tanti auguri a tutti!”.

   Sono trascorsi cinquant’anni dal “Viaggio nella valle del Po”. Oggi quei luoghi sono completamente cambiati, i cibi non sono più genuini, frutta e verdura sono spesso insapori, il vino – sovraccarico di solfiti – non è più quello di una volta. Anche la gente è cambiata, non ha più l’umanità di quegli anni, si è fatta diffidente, razzista. Il candido Soldati, che negli ultimi anni si era rifugiato a Tellaro, vicino a Lerici, forse proprio alla ricerca di un posto a misura d’uomo, dovette farsene una ragione. Vi morì il 19 giugno 1999.

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di Riccardo De Gennaro

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Il percorso ArteNatura della Val di Sella, Borgo Valsugana (Tn).

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Arte Sella es una exposición internacional de arte contemporáneo, fundado en 1986, que se celebra al aire libre en la hierba, en los bosques de Val di Sella (La ciudad de Borgo Valsugana provincia de Trento).

Desde 1996, el proyecto Arte Sella se ha desarrollado siguiendo un camino forestal en la ladera sur del monte Armentera ha establecido una llamada ruta ideal ArteNatura lo largo del cual el visitante puede ver las obras y, al mismo tiempo disfrutar del entorno especial del lugar ( diferentes tipos de bosques, la presencia de, monumentales árboles rocosas ...)

Nel bosco della Val di Sella il visitatore può apprezzare un itinerario raro e gratificante: il PERCORSO ARTENATURA. Si tratta di un sentiero che si allontana dalle tradizionali classificazioni escursionistiche, ma che non mancherà di far vivere a chi lo percorre un viaggio indimenticabile attraverso la natura ed i suoi rumori, attraverso l’arte ed i suoi colori.

La scoperta di un bosco vivo e non contaminato, di pietre odorose di muschio e di alberi maestosi, vi faranno assaporare ancora di più il fascino e l’armonia delle opere che dal 1986 nascono, vivono e muoiono in questi luoghi di incontestabile bellezza.

La partenza del percorso ARTENATURA si trova vicino al ponte della Strobela, sul torrente Moggio.

Le opere si trovano lungo un sentiero forestale che si estende per circa due chilometri sul versante sud del monte Armentera.

Camminando lungo una stradina sterrata, il visitatore può ammirare sia delle installazioni lungo il sentiero che delle opere nascoste nelle meraviglie del bosco. Ed è sempre seguendo questo cammino che si arriva all’opera di Matilde Grau, “Intersticios”, che marca il cambiamento di percorso. Inoltrandosi dunque in una stretta via in terra battuta molto suggestiva si arriva al biotopo, che possiede un interessante stagno alpestre in cui spesso gli artisti di Arte Sella hanno lasciato la loro impronta.

Indice opere:

(1)
Sella DNA
Marco Nones, 2010
(2)
Il tempio dell’amore
Belle Shafir, 2002
(3)
Sezione dei tronchi d’abete rosso
Bob Vershueren, 2000
(4)
Colonna
Paul Feichter, 2002
(5)
Filo d’erba
Johann Feilacher, 2002
(6)
Nicchie ecologiche
Giuliano Orsingher, 2000
(7)
Germinazione
Gabriele Jardini, 2004
(8)
Flow
Armin Schubert, 2009
(9)
Rotazione
Paul Feichter, 2011


(10)
Fori elicoidali
Rinus Roelofs, 2010
(11)
In apparenza
Stuart Ian Frost, 2012
(12)
Spirale,
Alois Steger, 2011
(13)
Collana
Flora Viale, 1998
(14)
Corno verdeggiante
Johann Feilacher, 2002
(15)
Tu sei qui
Tim Curtis, 2004

arte sella 2arte sella 2Shafir

arte sella

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Estate in Val Brembana: canoa, pesca, escursionismo e itinerari naturalistici.

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-Brembo_a_San_Giovanni_BiancoLa Val Brembana (Al Brèmbana in dialetto bergamasco) si trova in provincia di Bergamo e deve il suo nome al fiume Brembo dal quale è attraversata.

Il nome Valle Brembana è comparso per la prima volta in una pergamena risalente all'XI secolo.

In questo periodo famiglie signorili, ma soprattutto i vescovi e gli enti ecclesiastici erano proprietari dei feudi in cui la valle era divisa. È solo nel corso del 1200 che si è avviato il processo di formazione dei Comuni: se ne costituirono decine e decine situati in particolare lungo il corso di fiumi e torrenti. In quest'epoca le attività più praticate erano: quella mineraria, che prevedeva l'estrazione del ferro (nelle miniere di Carona, Valtorta, Mezzoldo, Valleve e Fondra) e la sua lavorazione (nelle fucine situate lungo le rive del Brembo e che sfruttavano l'energia idraulica di torrenti minori); l'agricoltura; lo sfruttamento dei boschi e del legname; l'allevamento di bovini, suini ma soprattutto di ovini, dai quali si otteneva la lana la cui vendita permetteva di arricchirsi maggiormente.

val brembana cartinaNel secolo successivo, più precisamente nel 1331, la valle passa sotto la Signoria dei Visconti, che le permettono di mantenere una certa autonomia, tutelata dallo Statuto della Val Brembana. Ben presto però si scatenano numerose carestie ed epidemie che portano la valle ad una crisi economica, aggravata anche dalle lotte sociali tra Guelfi e Ghibellini che sfociano in incendi, violenze e devastazioni. Dopo i Visconti la valle passò sotto il dominio della Repubblica di Venezia che la mantenne autonoma rispetto al resto della provincia e della città di Bergamo, ma la divise in due "settori": la Valle Brembana Superiore, con capoluogo Serina, e la Valle Brembana Oltre La Goggia, con capoluogo Piazza Brembana.

In questo periodo molti abitanti della valle migrarono in cerca di fortuna verso i territori nei dintorni della città di Venezia: alcuni si arricchirono adattandosi a lavori di fatica, ma molti si affermarono come artisti, commercianti e imprenditori.

La prima rappresentazione cartografica della valle Brembana si deve a Leonardo da Vinci, e fu tracciata probabilmente intorno al 1509, forse su richiesta del re di Francia allora in guerra contro la Serenissima.

Nella seconda metà del Settecento la Serenissima perse la sua importanza nell'Italia settentrionale e questo declino ebbe pesanti riflessi anche sull'economia della Valle, caratterizzata da questo momento da un'estrema povertà che si protrasse fino alla successiva dominazione francese (1797-1815) e austriaca (1815-1859).

Un aspetto positivo legato alla presenza sul territorio degli Asburgo fu il miglioramento della struttura della viabilità della valle, e tutti i paesi furono collegati con strade carrozzabili.

Successivamente, al momento dell'Unità d'Italia, l'economia della valle continuò ad essere arretrata e l'industria cominciò a diffondersi solamente a partire dal 1907, quando a San Giovanni Bianco arrivò la Ferrovia della Valle Brembana.

MANIFESTAZIONI VALLE BREMBANA

La villeggiatura in Valle Brembanaè allietata da una miriade di manifestazioni per tutti i gusti: serate danzanti, incontri gastronomici, concerti, spettacoli teatrali, sagre popolari, giochi, gare sportive, momenti culturali, mostre, mercatini, visite guidate, escursioni collettive, feste della montagna. Non c’è che l’imbarazzo della scelta. La montagna, varia e sempre imprevedibile, riempie le giornate degli ospiti della Valle Brembana.

ESCURSIONI SULLE ALPI E PREALPI OROBIE

val brembana escursioni

Descrizione e immagini di alcune escursioni sulle vette delle montagne della Valle Brembana, le piu’ conosciute. Localita’ di partenza, dislivelli, tempo di salita, difficolta’, acqua sul percorso, numero di segnavia ed eventuali varianti.

www.valbrembanaweb.com/valbrembanaweb/sitogino/monti.html

RIFUGI ALPI OROBIE OCCIDENTALI – VALLE BREMBANA

val brembana rifugi

La zona delle Alpi e Prealpi Orobie Occidentali Bergamasche è particolarmente ricca di rifugi e bivacchi. Consiglibile pernottare dal form che trovere nell’informativa del singolo Rifugio. Illustreremo le caratteristiche, prezzi, aperture, chiusure e come arrivarci. Quasi tutti i Rifugi sono accessibili da itinerari trekking chiamato Sentiero delle Orobie (n°101), altri accessibili anche in auto (vedi Cà San Marco e Madonna della Neve).

www.vallibergamasche.info/rifugi/rifugi.html

ITINERARI NATURALISTICI IN VALLE BREMBANA

val brembana naturalistici

Proponiamo una serie di itinerari turistico-conoscitivi alla scoperta non solo di luoghi ricchi di storia e natura, ma anche di prodotti tipici locali frutto delle attività tradizionali dell’uomo. I percorsi proposti sono ricchi di informazioni: dalle caratteristiche geomorfologiche del territorio brembano, alla scoperta di oasi naturalistiche ancora incontaminate, alla rivalutazione dei nuclei abitativi e di strutture architettoniche di interesse artistico e storico.

www.vallibergamasche.info/itinerari/index.html

SENTIERO DELLE OROBIE – BERGAMO

val brembana sentiero

Il Sentiero delle Orobie, che si sviluppa lungo i monti della Provincia di Bergamo, permette di immergersi nel cuore e nelle zone più selvagge di queste Alpi, offrendo scorci veramente suggestivi dell’ambiente quanto indimenticabili occasioni per ammirare la flora e la fauna (marmotte, camosci, l’aquila e ormai numerosi branchi di stambecchi.

www.sentierodelleorobie.it/

SENTIERO DEI FIORI – ALPE ARERA

val brembana fiori

ll “Sentiero dei Fiori” e’ uno fra i piu’ interessanti itinerari naturalistici delle Prealpi Bergamasche lungo il quale alla grandiosita’ del paesaggio s’aggiungono rare e spettacolari fioriture di inattesa e sorprendente bellezza e di insuperabile valore botanico.

www.valbrembanaweb.it/valbrembanaweb/gallery/oltreilcolle/sentierodeifiori/

PESCA SPORTIVA FIUME BREMBO E AFFLUENTI

val brembana pesca

Pescare in Valle Brembana, torrenti e fiume Brembo ricchi di trote Fario e Marmorate

www.sport.vallebrembana.org/pesca.html

CANOA SUL FIUME BREMBO

Il Migliore in assoluto in Lombardia e fra i tre piu’ validi di tutt’Italia, il Brembo e’ considerato un vero “paradiso” per gli appassionati della Canoa. Tutto il corso del fiume Brembo da Lenna a Ubiale, a cui si aggiungono alcune valli laterali come la Taleggio e la Brembilla, secondo gli esperti del settore e’ tra i piu’ adatti alla pratica di questo sports. Una vera e propria palestra per i neofili e i piu’ esperti, che lungo i diversi tratti praticabili trovano pane per i loro denti e per affinare le loro capacita’.

www.sport.vallebrembana.org/canoa.html

ITINERARI CICLOTURISMO VALLE BREMBANA

valle brembana cicloturismo

La Valle Brembana, con la sua natura protetta del Parco delle Orobie, e con la splendida bellezza del paesaggio, con i suoi itinerari lungo il fiume Brembo e le località turistiche famose è il luogo ideale per una giornata in bicicletta. In questo dépliant vengono descritti e proposti alcuni itinerari, a cominciare dalla nuovissima pista ciclabile Zogno-San Pellegrino Terme-Piazza Brembana. La Valle Brembana ha una vocazione per il ciclismo: sulle sue strade sono nati grandi campioni, tra tutti Felice Gimondi, Ivan Gotti e Pesenti vincitori di 6 Giri d’Italia.

www.sport.vallebrembana.org/cicloturismo.html

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Arrampicate e Trekking Orobie in Valle Brembana.

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-Brembo_a_San_Giovanni_BiancoLa Val Brembana (Al Brèmbana in dialetto bergamasco) si trova in provincia di Bergamo e deve il suo nome al fiume Brembo dal quale è attraversata.

Il nome Valle Brembana è comparso per la prima volta in una pergamena risalente all'XI secolo.

In questo periodo famiglie signorili, ma soprattutto i vescovi e gli enti ecclesiastici erano proprietari dei feudi in cui la valle era divisa. È solo nel corso del 1200 che si è avviato il processo di formazione dei Comuni: se ne costituirono decine e decine situati in particolare lungo il corso di fiumi e torrenti. In quest'epoca le attività più praticate erano: quella mineraria, che prevedeva l'estrazione del ferro (nelle miniere di Carona, Valtorta, Mezzoldo, Valleve e Fondra) e la sua lavorazione (nelle fucine situate lungo le rive del Brembo e che sfruttavano l'energia idraulica di torrenti minori); l'agricoltura; lo sfruttamento dei boschi e del legname; l'allevamento di bovini, suini ma soprattutto di ovini, dai quali si otteneva la lana la cui vendita permetteva di arricchirsi maggiormente.

val brembana cartinaNel secolo successivo, più precisamente nel 1331, la valle passa sotto la Signoria dei Visconti, che le permettono di mantenere una certa autonomia, tutelata dallo Statuto della Val Brembana. Ben presto però si scatenano numerose carestie ed epidemie che portano la valle ad una crisi economica, aggravata anche dalle lotte sociali tra Guelfi e Ghibellini che sfociano in incendi, violenze e devastazioni. Dopo i Visconti la valle passò sotto il dominio della Repubblica di Venezia che la mantenne autonoma rispetto al resto della provincia e della città di Bergamo, ma la divise in due "settori": la Valle Brembana Superiore, con capoluogo Serina, e la Valle Brembana Oltre La Goggia, con capoluogo Piazza Brembana.

In questo periodo molti abitanti della valle migrarono in cerca di fortuna verso i territori nei dintorni della città di Venezia: alcuni si arricchirono adattandosi a lavori di fatica, ma molti si affermarono come artisti, commercianti e imprenditori.

La prima rappresentazione cartografica della valle Brembana si deve a Leonardo da Vinci, e fu tracciata probabilmente intorno al 1509, forse su richiesta del re di Francia allora in guerra contro la Serenissima.

Nella seconda metà del Settecento la Serenissima perse la sua importanza nell'Italia settentrionale e questo declino ebbe pesanti riflessi anche sull'economia della Valle, caratterizzata da questo momento da un'estrema povertà che si protrasse fino alla successiva dominazione francese (1797-1815) e austriaca (1815-1859).

Un aspetto positivo legato alla presenza sul territorio degli Asburgo fu il miglioramento della struttura della viabilità della valle, e tutti i paesi furono collegati con strade carrozzabili.

Successivamente, al momento dell'Unità d'Italia, l'economia della valle continuò ad essere arretrata e l'industria cominciò a diffondersi solamente a partire dal 1907, quando a San Giovanni Bianco arrivò la Ferrovia della Valle Brembana.

Valga per tutte l'esempio della Corna Bianca di Cornalba, che, grazie soprattutto al lavoro di rocciatori locali del calibro di Bruno Tassi (camòs), Gianandrea Tiraboschi o Simone Moro, e' entrata di diritto nel panorama internazionale delle piu' conosciute e frequentate falesie d'arrampicata con piu' di 100 vie di estrema difficolta'.

Dando cenno anche delle altre zone interessate all'attivita', si invitano gli apassionati ad assumere ogni ulteriore informazione tecnica, consultando le documentate schede analitiche recentemente pubblicate dallo stesso Camòs , con altri autori, nella guida "Arrampicate Sportive e moderne fra Bergamo e Brescia".

Scuola di Alpinismo e sci-Alpinismo "OROBICA" - San Pellegrino Terme - Via San Carlo, 32 - Apertura sede: Giovedi', ore 20.30 - Responsabile: Badini Valeria Tel. 0345.21613

Camosci - Gruppo Alpinisti Bergamaschi - Siamo un gruppo di amici alpinisti e appassionati di montagna, amanti della natura e dell’ambiente che recentemente ha deciso di unirsi in un’associazione. Tra le principali finalità che il nostro gruppo si propone si collocano la promozione e la diffusione dell’alpinismo e dell’esplorazione ambientale in tutte le sue forme, la valorizzazione e la tutela della natura e dell’ambiente, e la valorizzazione del territorio bergamasco mediante l’individuazione e attrezzatura di nuovi luoghi per la pratica degli sport alpini.

Sul territorio esercitano professionalmente le GUIDE ALPINE abilitate dalla Scuola di Alpinismo - Sci Alpinismo e Arrampicata di Bergamo: Miki Oprandi - 0345.21438 - La valle brembana offre parecchie attività sportive in montagna, spiccano le belle escursioni (dalle più facili alle più impegnative) e le arrampicate.

Gruppo Fancy Moutain: Falesia della “CORNA RONDANINA” questa falesia ancora in fase di sviluppo ha gia pronte per l'arrampicata 2 vie da 3 tiri un altro tiro è in fase di chiodatura e sarà pronto a breve.

Escursioni per gli appassionati della Montagna Orobica.

Trekking Orobie Bergamasche

Descrizione e immagini di alcune escursioni sulle vette delle montagne della Valle Brembana, le piu' conosciute. Localita' di partenza, dislivelli, tempo di salita, difficolta', acqua sul percorso, numero di segnavia ed eventuali varianti...

Estate, tempo di vacanze, di svago, di sport. La villeggiatura in Valle Brembana è allietata da una miriade di manifestazioni per tutti i gusti: serate danzanti, incontri gastronomici, concerti, spettacoli teatrali, sagre popolari, giochi, gare sportive, momenti culturali, mostre, mercatini, visite guidate, escursioni collettive, feste della montagna. Non c’è che l’imbarazzo della scelta.

La montagna, varia e sempre imprevedibile, riempie le giornate degli ospiti della Valle Brembana. Molteplici sono le opportunità per le escursioni in quota, seguendo antiche mulattiere o la fitta rete di percorsi alpinistici raccordati dal Sentiero delle Orobie Occidentali che si snoda da Cassiglio al rifugio Calvi, toccando i passi e rifugi attraverso scenari di rara e suggestiva bellezza.

Accanto ai rifugi, le malghe, popolate di mandrie che ripetono il secolare rito dell’alpeggio, risorsa preziosa e insostituibile, estremo baluardo di presidio e controllo dell’ ambiente montano. Questi ambienti incontaminati sono il regno di diverse specie faunistiche: camosci, caprioli, stambecchi, marmotte, ermellini e la maestosa aquila reale.

La valle Brembana si caratterizza per una straordinaria abbondanza di fiori alpini, alcuni di estrema rarità. Ne è un esempio il Sentiero dei Fiori, un itinerario naturalistico che si snoda a duemila metri di quota in alta Val Serina, offrendo all’escursionista un habitat unico e irripetibile dove si sono conservati esemplari di fiori che non si trovano in altre parti del mondo.

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Una Gita Fuori Porta: i 10 post più cliccati nel mese di Luglio 2013.

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1.- Lago di Como, passeggiando o facendo un giro in battello è possibile godere di fantastici scorci e panorami.

lago di Como

Il lago di Como ha una superficie di 146 km quadrati e raggiunge 414 metri di profondità. E' il terzo lago italiano per estensione dopo quello di Garda e il Verbano. E' un lago stretto e lungo, dalla forma di Y rovesciata, con i due rami che vanno a sud verso Lecco e a sud-ovest verso Como. Nei Promessi Sposi il lago di Como viene decantato dal Manzoni con questi celebri versi: "Quel ramo del lago di Como che volge a mezzogiorno....".
Il bacino è composto da tre parti differenti: a sud-ovest il ramo di Como, a sud-est il ramo di Lecco e a nord il ramo di Colico (o "alto lago"), il più aperto dei tre. I fiordi meridionali rinserrano il montagnoso Triangolo Lariano. La divisione dei tre rami è ben visibile dal Sasso di San Martino, sopra Griante. Particolarmente tipica è la costa orientale del ramo comasco, impervia e ricoperta di boschi.

 

2.- Portofino è da sempre soprannominata la "Piazzetta" più bella del mondo.

Portofino è senza dubbio uno dei borghi marinari più belli e famosi del mondo. Negli anni 60' e 70', star come Ava Gardner, Frank Sinatra, Brigitte Bardot e Lauren Bacall, Humphrey Bogart, Elizabeth Taylor e Richard Burton, Clark Gable, Catherine Deneuve, Liza Minelli e Rex Harrison, frequentavano l'Italia per appassionanti incontri mondani pieni di suggestione.
I giornali di quell'epoca che si occupavano di mondanità, facevano a gara per raccontare nel mondo queste storie piene di fascino e di mistero che hanno reso celebre l'Italia, come simbolo della "Dolce Vita" Internazionale quando si animava in Via Veneto e Piazza di Spagna a Roma. Oggi è ancora luogo d’incontro del jet-set e turismo internazionale.

 

3.- Gli Itinerari nel Parco della Lessinia: percorsi di tipo naturalistico - ambientale, strutture museali e importanti siti archeologici.

lessinia parco fioreIl Parco Naturale della Lessinia occupa la parte sommitale dei Monti Lessini. Ha nelle particolarità geologiche e nei paesaggi che da esse conseguono la sua più forte connotazione: doline, grotte, ponti naturali, sono fenomeni di grande interesse scientifico che offrono al visitatore incantevoli visioni. Famosi sono i giacimenti fossiliferi di Bolca - Pesciara e Monte Postale, che hanno fornito reperti di specie vegetali ed animali degli ambienti lagunari e oceanici, oggi apprezzabili nel locale Museo dei Fossili. Di notevole interesse sono anche gli aspetti vegetazionali e faunistici visitabili nei Musei della Lessinia e nel Centro di educazione Ambientale di Malga Derocon.

 

4.- Bioparco di Roma, nel cuore di Villa Borghese, la natura vista da vicino.

Situato nel cuore di Villa Borghese, al centro di Roma, il Bioparco nasce nel 1911 ed è uno dei più antichi Giardini Zoologici d'Europa. Oggi ospita oltre 1.000 animali appartenenti a 200 specie tra mammiferi, rettili, uccelli e anfibi ed è inserito in un contesto botanico tra i più interessanti e suggestivi di Roma con più di 1.000 alberi, alcuni dei quali rari e centenari. Qual è il ruolo di uno zoo? Negli ultimi decenni l'antico concetto di zoo è cambiato radicalmente, passando da un luogo in cui si collezionavano animali rari ad una struttura attiva:
- nella conservazione delle specie minacciate di estinzione attraverso la partecipazione ai programmi internazionali di riproduzione in cattività;
- nell'educazione ambientale attraverso mostre, convegni, attività di sensibilizzazione per il pubblico, eventi mediatici e progetti didattici per le scuole.

 

5.- Il lago d'Orta o Cusio è un lago alpino del Piemonte collocato tra le province di Novara e del Verbano-Cusio-Ossola.

Il Lago d'Orta, che si trova ad ovest del Lago Maggiore, lascia il turista con una sensazione unica ed indimenticabile grazie ai suoi panorami mozzafiato, le sue vie strette e ciotolate e la sua vegetazione.
Ad est il monte Mottarone separa il lago d'Orta dal Lago Maggiore, mentre a ovest monti alti fino a 1300 metri separano lo specchio acqueo dalla Valsesia. È il più occidentale fra i laghi prealpini, originato dal fronte meridionale del ghiacciaio del Sempione. Contrariamente a quanto accade con molti laghi alpini, che hanno un emissario a sud, le acque del lago d'Orta escono dal lago a nord. Attraversano la città di Omegna dando vita al torrente Nigoglia che confluisce nello Strona che, a sua volta, sfocia nel Toce e quindi nel Lago Maggiore.

 

6.- Bocca di Magra piccolo centro in provincia di La Spezia, nota per essere stata luogo di ritrovo di scrittori e intellettuali.

Bocca di Magra è un piccolo centro in provincia di La Spezia, nato come villaggio di pescatori, adagiato sulla riva destra dell'omonimo fiume, di fronte a Fiumaretta.
Nel Borgo sono conservati tutt'oggi, resti architettonici di una villa considerata come un importante testimonianza storico artistica. Bocca di Magra, nota per essere stata luogo di ritrovo di scrittori e intellettuali, quali Eugenio Montale, Giulio Einaudi, Cesare Pavese ed altri ancora, è stata inserita nei percorsi del Parco culturale della Val di Magra e della Terra di Luni. Le risorse economiche di Bocca di Magra, sono rappresentate dalle attività tradizionali della pesca (sul molo, è possibile acquistare direttamente dai pescatori, che sostano nei pressi dei loro pescherecci, il pescato di giornata), dal turismo, nonché dalla presenza di diversi porticcioli per la nautica da diporto e servizi di moto barche comode per raggiungere le piccole insenature e spiaggette nascoste, situate nelle vicinanze (Punta Bianca con i suoi scogli bianchi e Punta Corvo) o nelle limitrofe località quali Lerici, Portovenere e le Cinque Terre.

 

7.- Itinerari in Toscana, dalla costa degli etruschi alla campagna e ai declivi collinari dolcissimi.

Siena_CathedraOvunque andiate in Toscana, la regione vi circonda e vi abbraccia con la sua ricchezza: oasi biogenetiche e parchi naturali, dalla Costa degli Etruschi che lambisce il mare, alla campagna e ai declivi collinari dolcissimi, segnati dalla tradizione vinicola celeberrima come quella delle Colline del Chianti. Il gioco cromatico dei campi, dei casali e dei cipressi degrada verso i boschi delle più aspre Colline Metallifere che separano l’entroterra meridionale pisano dal cuore selvaggio della Maremma fino all'incanto di vette innevate, di stagni e lagune, degli Appennini e delle Alpi Apuane.
Il Monte Amiata, antico vulcano spento, svetta tra le province di Siena e Grosseto, mentre i Monti Pisani si stagliano tra Pisa e Lucca. Il Pratomagno, quasi completamente circondato dall'Arno, divide la parte appenninica dell'aretino, dalle Foreste Sacre del Casentino, dal Valdarno superiore fiorentino. Il Monte Cetona, infine, si innalza all'estremità sud-orientale della provincia di Siena, separando la Val d'Orcia dalla Val di Chiana.

 

8.- Escursioni in montagna: attenzione, (in) pericolo vipere.

Durante le escursioni in montagna può capitare di imbattersi in serpenti. In Italia vivono rappresentanti di due famiglie: i colubridi e i viperidi.
I primi sono totalmente innocui, i secondi, rappresentati da quattro specie - Vipera aspis, V. ursinii, V. berus, V. ammodite - sono invece velenosi.
L'immaginario collettivo ha probabilmente ingigantito i rischi derivanti dalla vipera italiana, che raramente è mortale: la possibilità di essere morsi è infatti piuttosto remota, soprattutto se si adottano norme di cautela come indossare scarponcini alti e calzettoni, fare attenzione quando si raccolgono funghi o erbe, usare un bastone per allontanare rami e foglie.

 

9.- Vacanze in Toscana tra natura e sapori della tradizione.

toscana mappa-strade-del-vinoTra le regioni più belle d’Italia, la Toscana ha sempre avuto, non solo a livello nazionale, un grande appeal turistico e questo grazie alla sua “completezza”, al suo essere una terra ricca di bellezze e di spunti per vacanze di diverse tipologie. i perché la Toscana è destinazione di mare, ma è anche la regione delle città culturali, senza contare il verde e la campagna, le antiche tradizioni e gli eccezionali prodotti regionali che, dall’artigianato all’enogastronomia, hanno ormai conquistato i mercati di tutto il mondo con la loro ricercatezza e unicità. Negli ultimi anni, proprio le cosiddette “vacanze green”, cioè quelle a contatto con il verde e la natura, hanno conosciuto una grande crescita, non solo in termini di richieste da parte dei turisti, ma anche in relazione all’offerta, con un più capillare sviluppo delle strutture e dei servizi dedicati. Non è quindi un caso che oggi gli agriturismi in Toscana sono, non solo numerosi, ma anche considerati tra i migliori di tutt’Italia per i servizi offerti, per lo standard di accoglienza e per la capacità di saper coniugare moderne strutture con il rispetto delle tradizioni e dell’ambiente.

 

10.- I siti archeologici dell'isola di Sant'Antioco, terra di bellezza.

Sant'Antioco, terra di bellezza.
Sbarcare a Sant'Antioco è un'appagante sensazione di gioia che si rinnova da oltre due Millenni. Testimonianze nuragiche, fenicie, romane e persino sabaude si susseguono in un territorio ancora tutto da esplorare. Audaci, straordinari navigatori quei fenici, ma anche scopritori di bellezze, da loro puntualmente segnate come "capisaldi" della loro "via del sole". Non c'e luogo da loro svelato che non sembri -ancor oggi- un lembo di cielo tirato giù sulla Terra per esser poi bagnato dal mare. Come l'isola di Sant'Antioco in Sardegna.
"Su Para e sa Mongia"
Si tratta di due menhirs (pietre messoe verticalmente piantate nel terre­no) ovvero simboli aniconici (cioè sim­boli che non ammettono immagini) connessi con la religione della fertilità delle popolazioni prenuragiche (3000 a.C. circa).

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Escursionismo in Liguria: Colle della Melosa, Monte Toraggio e Monte Pietravecchia.

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Monte_Toraggio_DadoneSi parte dal Rifugio Allavena al Colle della Melosa (1540) raggiungibile in 40 km da Arma di Taggia.

Si segue la strada sterrata ex-militare fino al primo tornante dove si imbocca la mulattiera che si stacca sulla sinistra e che conduce all'inizio del "Sentiero degli Alpini".

Il Sentiero degli Alpini, in alcuni tratti scavato nella roccia, costeggia le pareti orientali del Monte Pietravecchia e raggiunge con un ripido zig-zag la Gola dell'Incisa (1685), stretto intaglio sullo spartiacque Roia-Nervia al confine tra Italia e Francia. Dopodichè prosegue a mezzacosta sotto il Toraggio fino ad incontrare l'Alta Via dei Monti Liguri (segnavia ) risalente dalla Gola di Gouta.

Si svolta a destra e con una breve salita si guadagna il crinale al Passo di Fonte Dragurina (1810) alle pendici meridionali del Toraggio. Da qui si segue una labile traccia (EE, alcuni bolli rossi) fino in vetta al Monte Toraggio (1973).
In discesa si torna alla Fonte Dragurina dove si imbocca, sulla destra, la bellissima mulattiera (segnavia ) che risale a mezzacosta i versanti occidentali del Toraggio e del Pietravecchia all'interno di splendidi lariceti.

toraggio mappaIn alternativa dalla cima si può scendere all'Alta Via percorrendo un divertente e ripidissimo tracciato sul versante della Roia denominato "Passaggio di Nord-Ovest" attrezzato con corde di canapa (segnavia ).
Attenzione: il Passaggio di Nord Ovest è da evitarsi in caso di pioggia o di erba bagnata; in ogni caso occorre prima accertarsi, per quanto possibile, del buono stato delle corde.

Si percorre l'Alta Via fino al Passo della Valletta (1909) sulla dorsale a nord del Pietravecchia. Da qui si raggiunge in una trentina di minuti la vetta del Monte Pietravecchia (2038).

Infine dal Passo della Valletta si scende per sentiero fino a sbucare sulla mulattiera percorsa all'andata. Si volge quindi a sinistra ed in breve tempo si ritorna alla sterrata e al Colle della Melosa.

Tempo di salita: ore 3.30 al Monte Toraggio + ore 2 al Monte Pietravecchia
Tempo totale: ore 6.45

Paline segnaletiche sotto il Passo dell'Incisa

Sul versante della Roia tra Fonte Dragurina e l'Incisa

La bellissima mulattiera del versante francese in prossimità del Passo della Valletta, tra splendidi larici e tappeti di rododendri

Tappeti di rododendri sul versante occidentale del Pietravecchia

Il Lago della Tenarda visto dal Colle della Melosa - 21 giugno 2006Image 5 of 40

Il Passo della Valletta sul crinale di confine, poco a nord del Pietravecchia-

Il Monte Pietravecchia fotografato dalla mulattiera tra Fonte Dragurina e il Passo dell'Incisa (Alta Via, versante della Roia) -

Salendo dal Passo di Fonte Dragurina al Monte Toraggio

In vetta al Monte Toraggio

I primi raggi del sole illuminano il monte Grai

Il monte Grai

Il Sentiero degli Alpini

Il Sentiero degli Alpini

Il Toraggio

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Escursioni di un giorno nell’area turistica Gran Paradiso: La Clusaz - Col de la Crosatie.

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Periodo Consigliato:

1 Luglio - 30 Settembre

Difficoltà:
E - Escursionistico

Partenza:

La Clusaz (1560 mt.)

Arrivo:

Col de La Crosatie (2829 mt.)

Dislivello:

1.269 m

Lunghezza

5.992 m

Durata andata:

4h00

Durata ritorno:

h00

Segnavia

AV2 - 21

tracciati GPS

.gpx google earth

Gran Paradiso La Clusaz - Col de la CrosatieDescrizione del percorso:

Dall‘abitato di Planaval, in comune di Arvier, si segue la strada asfaltata in direzione La Clusaz e, raggiunto il villaggio, si prosegue verso sinistra fino ad oltrepassare un tornante dopo il quale si trova l‘imbocco del sentiero (a monte della strada).

Questo sale attraverso un rado bosco, dapprima di latifoglie inseguito di conifere, toccando i ruderi dell‘alpeggio Bénévy, uscendo poi nei pascoli nei pressi di una vasca dell‘acquedotto.

Salendo ancora, si raggiunge un pianoro cosparso di grandi massi; si prosegue ora su sentiero immerso nel verde dei pascoli, si costeggia per un tratto il torrente e lo si attraversa verso sinistra, per salire poi un costone che porta ad un altro pianoro.

Riattraversato il torrente verso destra, si prosegue su percorso pianeggiante fino a raggiungere i resti dell‘alpeggio Baraques du Fond. Poco dopo l‘alpeggio, il sentiero svolta sulla destra e sale al lago du Fond da dove, attraversato il ruscello di uscita, si costeggia la sponda, per un breve tratto, fino a trovare sulla destra il sentiero che, fra pascoli, ricomincia a salire.

Oltrepassate alcune balze erbose, si percorre verso destra una lunga diagonale in mezzacosta, fino a raggiungere gli ultimi salti rocciosi che precedono il colle della Crosatie.

Cartina del percorso

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Escursioni di un giorno nell’area turistica Gran Paradiso: La Ravoire–Lolair.

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Periodo Consigliato:

1 Aprile - 31 Ottobre

Difficoltà:
E - Escursionistico

Partenza:

La Ravoire (957 mt.)

Arrivo:

Lolair (1192 mt.)

Dislivello:

235 m

Lunghezza

1.500 m

Durata andata:

h50

Durata ritorno:

h00

Segnavia

3 - 20

tracciati GPS

.gpx google earth

Gran Paradiso La Ravoire–LolairDescrizione del percorso:

Dal parcheggio a lato della strada regionale, all‘imbocco della Valgrisenche in loc. La Ravoire salire la stradina n.3 ad attraversare il centro abitato, per uscire su una pista erbosa e trascurare la diramazione a destra per Rochefort.

Si raggiunge una poderale, da abbandonare per la mulattiera a sinistra che ripida incrocia la strada tra muretti e cespugli e, in seguito, vi finisce dentro all‘altezza di un tornante a sinistra.

Continuare in salita e riprendere l‘antica via a destra, prima di un muro di contenimento, nel bosco misto di frassino, sorbo montano pino silvestre e roverella.

Un ultimo attraversamento e si giunge ad un bivio, alla base di un pronunciato roccione.

Si va a sinistra su un percorso lastricato, poi tra terrazzamenti incolti sino alla sterrata che seguiamo a sinistra sino al termine, nelle vicinanze di un oratorio.

Tralasciare la mulattiera a destra e, dopo le belle case in pietra, attraversare l‘ameno pianoro sino a giungere al laghetto di Lolair, circondato da un canneto.

testo tratto da “Le valli del Gran paradiso e la Valgrisenche” di Luca Zavatta Collana Guide dell‘escursionista

Cartina del percorso

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Escursioni di un giorno nell’area turistica Gran Paradiso: Jovençan - Col de Citrin.

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Periodo Consigliato:

1 Giugno - 30 Settembre

Difficoltà:
E - Escursionistico

Partenza:

Jovençan (1855 mt.)

Arrivo:

Col de Citrin (2487 mt.)

Dislivello:

632 m

Lunghezza

4.862

Durata andata:

2h15

Durata ritorno:

h00

Segnavia

10

tracciati GPS

.gpx google earth

Gran Paradiso Jovençan - Col de Citrin

Descrizione del percorso:

Raggiunta la località di Jovençan, nel comune di Avise, proseguire sulla strada poderale fino a raggiungere, all‘altezza del tornante prima della località Rovine, l‘imbocco del sentiero n° 10 sulla destra della strada, indicato in loco dalla segnaletica verticale.

Risalendo la valle, tra pascoli alpini e falde detritiche, si giunge all‘alpe Sorace. Da qui seguendo il ramo di destra, con stessa numerazione, si perviene infine al Col de Flassin.

Cartina del percorso
Ufficio del turismo - Aosta
Piazza Porta Praetoria, 3
11100 AOSTA (AO)
Telefono:(+39) 0165.236627
Fax:(+39) 0165.235462
E-mail: aosta@turismo.vda.it

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Escursioni di un giorno nell’area turistica Gran Paradiso: Jovençan - Col de Vertosan.

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Periodo Consigliato:

1 Luglio - 30 Settembre

Difficoltà:
E - Escursionistico

Partenza:

Jovençan (1868 mt.)

Arrivo:

Col de Vertosan (2698 mt.)

Dislivello:

830 m

Lunghezza

3.728 m

Durata andata:

2h30

Durata ritorno:

h00

Segnavia

30

tracciati GPS

.gpx google earth

Gran Paradiso Jovençan - Col de Vertosan

Descrizione del percorso:

Raggiunta la località di Jovençan, nel comune di Avise, proseguire sulla strada poderale e, dopo aver superato l‘Alpe Tronchey, raggiungere l‘imbocco del sentiero n° 30 indicato in loco dalla segnaletica verticale. Risalendo il versante, tra pascoli alpini e falde detritiche, si supera l‘alpeggio di Méanaz e si raggiunge il Col di Vertosan.

Cartina del percorso

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